martedì 18 ottobre 2011

Rimuginando con l'ultimo Infedele: i giovani e il bene comune

Rimuginando con l’ultimo Infedele: i giovani e il bene comune I giovani inventano nuove modalità politiche – orizzontali – e nuovi linguaggi. Avevamo visto la scalata e l’occupazione dei monumenti e poi gli scudi con i classici (l’Eneide, I promessi sposi) a difendere la cultura insidiata. Poi le parole d’ordine dei primi indignados, i giovani spagnoli del maggio scorso): Democracia real Ya/ Democrazia reale subito, Non abbiamo eletto i banchieri, etc. Ora la casta dei politici ignorata e l’immagine in cartapesta dei Draghi che alludono all’unico interlocutore, nemico vero. E poi, in tutto il mondo quel Siamo il 99%. (ma non riusciamo a contare lo stesso perché – immagino – non sappiamo di esserlo oppure perché le “contraddizioni in seno al popolo” rendono inerme la maggioranza). All’Infedele ieri ne abbiamo visto altri sviluppi. Gli accampamenti con le tende in piazza Santa Croce in Gerusalemme, come in tutto il mondo più spesso accanto ai luoghi del potere (pulsione all’espropriazione ovvero a una riappropriazione collettiva). Il rifiuto della rappresentanza ovvero l’assenza di leader (se il portavoce non ne sarà prima o dopo il sinonimo). E poi i nuovi linguaggi non verbali con l’approvazione e la disapprovazione espresse con l’agitare le mani in alto o con l’incrociare le braccia (per non interrompere chi parla e per “marcarlo” con feedback continui). E infine nel movimento l’espressione più insidiosa, maturata nel referendum contro la privatizzazione dell’acqua: il Bene comune come spazio sottratto al mercato, uno spazio che si allarga o può allargarsi al territorio, all’ambiente, alla cultura e alla scuola, alla sanità e che potrebbe – teorema dopo teorema -allargarsi ancora fino a sopprimere il mercato. Lo slogan della Fiom , Il lavoro bene comune, è già a un passo da quella conclusione. Dicono però che Il Bene comune vuole essere solo un terzo spazio, diverso dal privato e dallo statale. Diverso dal privato è chiaro, diverso dallo statale o pubblico (stato, regione, comune) un po’ meno. Anche se i fautori del Bene comune debbono erigere salutari barriere semantiche per l’assonanza con l’impronunciabile Comunismo. Noi che non siamo nostalgici o “ideologici” aspettiamo di capire come si disegnerà tale spazio comune non burocratico, non stagnante, che vuole essere diverso dal socialismo reale conosciuto. Intanto Stracquadanio non ci sta e all’Infedele demistifica a suo modo lo spazio insidioso del Bene comune, mostrandone le ascendenze statalistiche. Egualmente, il campione dello status quo irride alle ipotesi di salario di cittadinanza che – orrore! – sarebbe pagato da bilancio statale ergo dal debito pubblico in cambio di nessun lavoro, per fare niente. E fortunatamente Stracquadanio non conosce o dimentica la proposta di una dote di cittadinanza – per lo studio, per l’inserimento sociale - cui aver diritto per il solo fatto di essere nati, proposta rilanciata dall’odiato Draghi (odiato da Stracquadanio e dai suoi avversari, insomma da tutti). Lerner è tollerante come non mai con i suoi giovani ospiti in studio e da piazza Santa Croce in Gerusalemme. Nel passato avrebbe rintuzzato con ira chi pretendesse di suggerire inquadrature o di passare parola al compagno. Anche lui probabilmente vittima dei sensi di colpa verso la generazione tradita. Sui violenti incappucciati solo qualche accenno. L’implacabile Stracquadanio interessato a non separarli dai manifestanti pacifici e la Dominijanni che spiega – pare ci sia bisogno di spiegarla – la differenza fra comprendere e giustificare. Se ho capito bene, per condannare incappucciati o altri bisogna rigorosamente non capire, non capire da dove vengono, cosa li ispira, dove vanno. Diversamente si è complici. Io, invece che credo di poter capire e condannare insieme, trovo sul web un blog - paesaniniland – dove un post intitolato “Ma i black bloc non sono dei delinquenti” confronta le immagini delle devastazioni dei nuovi Lanzechinecchi con il “manifesto dei futuristi” del 1909 inneggiante alla violenza, alla distruzione di monumenti e musei, in nome della lotta al passato. Si propone anche alla generazione che seguirà di eliminare tranquillamente gli stessi autori del manifesto in nome del diritto dei giovani al potere. L’autore del blog simpatizza con buona evidenza con gli uni e con gli altri e magari con i talebani che in Afghanistan distrussero le statue del terzo secolo del Budda perché preislamiche. E’ interessante, molto interessante, interessante nel senso di terrificante. I talebani sono anche fra noi. A differenza degli Stracquadani capisco qualcosa delle loro ragioni e - così dicono - ne divento complice. Anche se, da uomo del secolo passato, sono legato ai monumenti e ai musei e le ragioni degli incappucciati/futuristi mi fanno orrore. Il movimento comunque, al netto degli incappucciati, tiene la sua rotta. Il nemico è la finanza, è l’economia di carta che tiene in scacco il mondo. Il nemico è Draghi, è Profumo, è Soros. Lerner, alludendo alle proprie radici etniche, vi fa un lieve accenno, un accenno alla finanza ebraica demonizzata dai nazisti e dai loro precursori. Ma è un terreno scivoloso su cui non conviene insistere. Perché nemici del movimento – guarda un po’ – sembrano essere quegli uomini di finanza che più appaiono sensibili alle ragioni dei giovani. Forse perché non hanno molto da perdere, forse perché l’economia di carta è meno esposta alle istanze espropriatrici dei fautori del Bene comune. Assai più esposti ed espropriabili sarebbero i patrimoni visibili della Fiat degli eleganti fratelli Elkan e il Billionaire di Briatore, che però non sono nel mirino. Sono nel mirino al più i manager, i dirigenti, con i loro smisurati compensi. E come contenerli senza ferire anche qui il mercato? Un po’ più facile è aggredire i calciatori che avrebbero (posto che sia vero) rifiutato il loro bravo contributo di solidarietà (quando era in agenda) ed Eto’ che emigra in Russia per guadagnare qualche milione in più. E’ più facile perché le loro prestazioni sono osservabili (ripartenza, dribbling, gol) mentre l’amministratore delegato non sappiamo davvero se sia un imboscato privilegiato o un insostituibile produttore di ricchezza e occupazione. Resterebbe la domanda: “che diavolo faranno Eto’ e Marchionne, raddoppiando le loro retribuzioni, con i loro nuovi milioni di euro, che sembrano valere più della dolcezza della vita milanese e della civiltà canadese?” E’ una domanda “filosofica” –pare- cioè sterile che magari mi pongo io solo, con la presunzione di considerarla una domanda importante. Non seguo per intero l’Infedele. Spengo prima, stremato da domande (che mi porto a letto) troppo stressanti per un pover’uomo del secolo passato. *http://paesaniniland.blogspot.com/2011/10/ma-i-black-block-non-sono-dei.html?showComment=1318859855160#comment-c1737570071382843636

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