mercoledì 5 febbraio 2014

La gente che sta bene: se l'ascensore è solo in discesa


"La gente che sta bene"(il titolo del film di Francesco Patierno) rischia di star male nell'Italia della crisi. L'ascensore sociale funziona prevalentemente in discesa. Se ne accorge un avvocato d'affari, (Claudio Bisio), che lavora in uno studio associato. La crisi produce tagli di commesse, anche agli studi legali. Un errore si paga e Bisio lo paga con il licenziamento. Da lì la ricerca ardua di un nuovo ascensore. Bisio crede di trovarlo nell'imprenditore squalo Diego Abatantuono. Lo perderà però in un appuntamento cruciale con la coscienza. Accade che lo squalo manifesti oscena soddifazione per la morte improvvisa della consorte che lo libera del peso economico del progettato divorzio. Bisio, coinvolto personalmente in quella morte, rinuncia all'appuntamento con l'ascensore. In compenso la moglie, Margherita Buy, anche lei avvocato, riprende la carriera smessa. Con efficienza e sobrietà femminile. Così si allude ad una possibile uscita dalla crisi nel segno di un nuovo protagonismo femminile. Il film, discontinuo e non memorabile, benché rappresentativo degli umori acidi del tempo attuale – nel movimento ondivago fra commedia e tragedia e nella conclusione consolatoria - lascia in sospeso i molti veleni tratteggiati. A parte l'aborto che non si farà. Il figlio bambino che simula svenimenti e morte. La figlia adolescente che a dodici anni inizia l'apprendistato alla sessualità consumistica. Scoprire il seno per i compagni e la macchina digitale, un po' per i giochi di "emancipazione" in voga, un po' forse per imparare a trarne profitto. Molti i quadretti. Alcuni godibili, alcuni eccessivi, sempre allarmanti. Fra gli eccessivi ed allarmanti, il linguaggio di Bisio davanti alla rivelazione della moglie, incinta nel momento sbagliato. Proibita la parola aborto. Non l'aborto. Il cui percorso basta chiamare così: “Implementare il percorso”. “Implementare”. Così l'Italia in crisi elabora una propria terapia linguistica. Fra i godibili il quadretto del bravissimo Carlo Buccirosso, maresciallo dei carabinieri. Il modesto – economicamente - maresciallo, nella stazione dei carabinieri, è dominus bizzoso e indecifrabile davanti all'esponente della “gente che sta bene”. Traduzione attuale del kafkiano spaesamento e della resa del cittadino davanti a un potere incontestabile. No, su questo nessun segno di speranza viene dal film. Peraltro l'arbitrio dei corpi separati è costitutivo della crisi permanente della democrazia, non già della crisi di questi anni. Lo trovremo intatto, a crisi conclusa. Se questa crisi avrà fine.

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