domenica 31 dicembre 2017

Ostia-Roma- Italia: cioè...(divagazioni della vigilia)


Metto il naso fuori casa, all'umido, per fare due passi e depositare vecchi giornali nell'apposito contenitore. Ma i contenitori sono tutti pieni ad Ostia. Sicché i quattro passi diventano otto. Niente da fare. Mi arrendo. Spero di aver fatto la cosa giusta buttando le carte entro uno dei cartoni che i negozi depositano fuori dai contenitori stracolmi. Ostia, Roma, Italia di fine anno. Normale declino. Ma si apprende sempre qualcosa. Entro dal tabaccaio facendomi largo fra bici di piccoli asiatici, forse filippini. Non mi era mai capitato di vedere mamme filippine acquistare gratta e vinci o giochi così. Bene, i filippini non acquisiranno la cittadinanza italiana. Però il consumo di gratta e vinci mi appare il segno incontrovertibile di un processo di "nazionalizzazione".Più significativo di una formale frequenza scolastica nell'Italia primatista in smartphone e gioco d'azzardo, l'Italia dall'inarrestabile lento declino. . .

sabato 30 dicembre 2017

Auguri come sfida al pesante presente



Auguri veri, sentiti e conformi all'uso, per un felice 2018. Perché non vorrei abrogare tutti gli usi. Gli auguri no. Credo in due cose che sembrano alternative. E invece non lo sono. L'attenzione alla materia – cibo, tetto, lavoro, reddito – e la preminenza delle emozioni collettive che sono il motore del cambiamento materiale. Credo nelle invenzioni. Credo nell'invenzione di un nuovo senso comune. Invenzione gratuita, priva di fondamento. Come un'opera d'arte. L'invenzione dell'eguaglianza fra tutti gli uomini. Una invenzione come una sfida alla banalità della sopraffazione, dell'io, delle famiglie, delle corporazioni, delle nazioni. Auguri soprattutto a chi ne ha più bisogno e auguri soprattutto a quelli di cui più abbiamo bisogno. Auguri a Francesco quindi. Perché ha inventato un Dio giusto cui – pur senza fede – posso largamente ispirarmi.

martedì 19 dicembre 2017

Da “Smetto quando voglio” ai miei voli pindarici


Ho visto l'ultimo film della saga “Smetto quando voglio”. Ho saltato il secondo. Non voglio parlare della discreta regia di Sibilia, né degli aspetti divertenti di un film di successo, ma non di straordinario successo. Voglio parlare del soggetto. Sono stupito e perplesso sul fatto che non abbia provocato indignazione e dibattito come è normale avvenga per i film di denuncia. La storia è quella di un manipolo di ricercatori eccellenti in campi diversi che l'Università e l'Italia emarginano. Sicché matura in loro l'idea di utilizzare al meglio intelligenza e competenze misurandosi sul terreno del crimine. Paradossale, ma non troppo. I rifiutati e le intelligenze sprecate già oggi cercano e trovano settori e Paesi in cui trovare valorizzazione. Già da tempo l'Italia sprecona, imballata nei suoi vizi familistici, clientelari e corporativi assiste senza battere ciglio. Ci saranno ottime ragioni – che mi sfuggono – per le quali il mio Paese si divide o si indigna per cose grandi e piccole, ma non batte ciglio per il costo immane dello spreco dei talenti su cui investe risorse fino alle lauree prestigiose per poi consegnare quei talenti all'inferno della competizione in cui contano competenze assai diverse. Vedi l'apologo incredibile del ministro del lavoro che consigliava ai giovani di praticare il calcetto con le persone giuste. Guardiamo alla extraterritorialità di fatto delle Università in cui i baroni collocano figli, amanti e mediocri fedeli che hanno fatto la scelta giusta di investire in calcetto, come guardiamo - distrattamente - territori delle periferie consegnate alle mafie. Alla extraterritorialità universitaria, per inciso, è dedicata la scena per me più gustosa e vera del film. Con il cattedratico che ritaglia uno spazio, prima del rituale della conferenza, per proporre al ministro, uno scambio, un qualche personale vantaggio. Dove – è evidente- quello è lo spazio che conta, mentre la cultura è cornice e pretesto.
Perché questo post? Perché mi sono accorto da tempo di non essere comunista. Del comunismo condivido l'appropriazione collettiva degli strumenti di produzione o almeno dei più rilevanti, ma non il resto. Non il divorzio dalla democrazia ovvero dal consenso. Non l'attesa di una mitica rivoluzione nella cui attesa si possano sacrificare generazioni. Credo invece in un riformismo forte che dia risposte subito e qui e al contempo prepari un cambiamento radicale e socialista nelle nostre teste. Perciò accetto anche di fare un po' di strada assieme ai liberal. E credo in buoni compromessi. Ma, appunto, non vedo al momento forze liberal e neanche socialiste interessate ad un programma, minimo ma chiaro, fondato sulla riduzione delle diseguaglianze, sulla valorizzazione di intelligenza e competenze. Il minimo terreno comune capace di non fare affondare la barca mentre naviga senza timone.

lunedì 11 dicembre 2017

Gli sdraiati di Serra e i viaggi di Vasco


Le somiglianze non sono nelle cose, nei libri, nei film, etc. Le somiglianze sono in noi, nei nostri mondi inventati, talvolta molto, talvolta poco condivisi, talvolta mondi solo nostri. . Ci sto pensando a proposito dell'ultimo film di Francesca Archibugi e del libro “Gli sdraiati” di Michele Serra cui il film si ispira. Ma anche a proposito di “Un'ora di tranquillità” visto ieri a teatro. Il film mi ha indotto a leggere il libro di Serra. Ed entrambi mi hanno indotto a vedere a teatro la commedia di Florian Zeller, “Un'ora di tranquillità”.
Il libro di Serra ha maggiore intensità drammatica, pur nello stile “leggero”. Al centro c'è il racconto esemplare e drammatico di una totale rottura generazionale, quella fra gli adolescenti e giovani nativi digitali, i loro padri e le generazioni precedenti. Una volta, dice Serra, i minori vivevano separati dagli adulti – pranzavano prima di loro, ad esempio. Ma erano pronti a sostituire gli adulti, in continuità con il loro lavoro e i loro valori. Oggi non più. Serra racconta le frustrazioni di un dialogo impossibile, con un figlio iperconnesso, con grovigli di fili ed auricolari, ad un mondo sconosciuto dai padri. Un mondo in cui l'ordine sociale e materiale dei padri è ignorato. Ignorati i convenevoli, ignorate le pratiche igieniche, ignorati i cassetti in cui separare biancheria e maglioni, ignorate le stagioni, ignorati gli abbigliamenti consoni a climi e circostanze. Lo scrittore guarda ai due mondi divisi, un po' da oggetto osservato, appartenendo a uno dei due mondi, un po' da soggetto osservante, consapevole dei disastri compiuti dal suo mondo. Sicché, nel romanzo che immagina di scrivere, ambientato nel prossimo futuro, alla fine il protagonista anziano sceglierà di tradire l'esercito sterminato dei vecchi.
Resta il problema: non abbiamo idea alcuna del mondo a venire che i giovani nostri eredi costruiranno. Ammesso ne costruiscano uno.
Nella commedia teatrale, come nel film di Archibugi, il divertimento prevale sulla dimensione drammatica di Serra. Ma anche qui, nel lavoro dell'autore francese, c'è un figlio connesso al suo mondo ed un padre escluso. Con qualcosa di meno in profondità e qualcosa di più in larghezza. Perché il testo teatrale mi ha suggerito che siamo sì separati irrevocabilmente dai nativi digitali, e però, in fondo siamo separati anche fra pari e coetanei maturi. Sicché se il giovanissimo figlio rockettaro della commedia è autenticamente indifferente alla rivelazione sul suo vero genitore, anche il protagonista è non meno indifferente, scoprendosi tradito da moglie (ed amico). Perché quel che desidera davvero è un'ora di tranquillità, ascoltando in solitudine quel disco in vinile con quel mitico Jazz ritrovato che vale più di una moglie e di un figlio.
Allora non so più. Probabilmente è vero che sono irrimediabilmente diversi i miei nipoti. Ma in ultima istanza loro portano alle conseguenze estreme la solitudine che già noi abbiamo sperimentato ed insegnato senza saperlo. Ognuno col suo viaggio/Ognuno diverso/E ognuno in fondo perso/Dentro i fatti suoi. Allora, nell'83, fu piacevole la scoperta della comune condivisione della canzone di Vasco fra me e le mie figlie, che comunque appartengono ad una generazione precedente agli alieni nativi digitali: come uno fra i tanti ponti costruiti fra me e loro.. Credo però che in fondo ognuno da sempre vede spettacoli del mondo diversi, come vivendo in contorti corridoi labirintici in cui ogni tanto ci si incontra, come alieni in nodi spaziali. Oggi sempre meno.

Osservando ultimi e primi


Così oggi me ne sto a casa come il saggio di Lucrezio, mentre fuori è tempesta. Ma ieri è valsa la pena affrontare pioggia ed umido ed ore di viaggio dalla periferia ostiense al centro di Roma solo per assistere ad uno spettacolo teatrale? In ogni caso dovevamo consumare -mia moglie ed io – un biglietto regalo di Natale. Sul trenino, come spesso succede, troviamo posto grazie a quel popolo di stranieri che ha ancora in uso l'attenzione per gli anziani. A differenza dei giovani italiani tutti concentrati sui loro smartphone che li esentano dal guardarsi attorno, quella coppia di giovani slavi gioca e ride con mamme ben nutrite ed allegre. Prima la ragazza cede il posto a mia moglie. Poi lui insiste per cedere il posto a me. Io che non porto mai smartphone, se non quando è indispensabile, osservo il mondo sul trenino. Interpretando e commentando, come sempre, con mia moglie che forse subisce il mio gioco. Quelli che chiedono l'elemosina, con fisarmonica o “armati” di un bambino di pochi mesi. Quelli – un lavoratore straniero davanti a me- che danno l'elemosina sempre, tre, quattro volte. La donna matura, italiana, ceto medio, che la dà qualche volta. I più che non la danno mai. Me compreso, che con mia moglie ho deciso un criterio: dare qualcosa solo a quelli che ad Ostia ramazzano le strade e chiedono un'offerta in denaro e/ o strumenti di pulizia.
Al ritorno la trentenne atletica in tuta, dal bel corpo, ma dal viso stanco. “E' stanca per la corsa”, “No, per il lavoro”, “Ha sonno”, “No, è proprio triste, avvilita”. E la donna di mezza età accanto a noi che è bravissima col tablet, come un nativo digitale. Consulta una serie infinita di ricette di dolci. “E' certamente una pasticciera”, dico io. “Non è detto. Forse sta scegliendo il dolce da preparare per il Natale in famiglia”. All'uscita dal trenino un uomo si precipita verso una crepa del marciapiede, come verso un forziere. E' colmo di cicche. Prima, all'entrata del teatro, vicino una pizzeria,una coppia di senza tetto, accovacciata per terra e mal riparata dalla pioggia fastidiosa che si appiccica addosso, felicemente si divide una pizza, probabilmente fredda, ricevuta in dono – immagino - dal pizzaiolo. Sento di non sbagliare pensando che il senzatetto si senta orgoglioso di saper procurare cibo alla compagna.
Ancor prima, in attesa che sia ora per il teatro, visitiamo la Rinascente, in via del Tritone. Sette piani di eleganza. Lì gioco ad indovinare il prezzo dei capi esposti. Sbaglio clamorosamente. “Questo giaccone impermeabile costerà 10 volte l'ultimo che ho comprato”. Controllo il cartellino. Non dieci volte. Cento volte: 2.500 euro. No, nessuna invidia per chi lo può acquistare. Che poi sembra che ad acquistare siano quasi solo stranieri, particolarmente asiatici. I vigilanti robusti sono tutti neri, come in via Condotti. Forse perché solo i neri sono così robusti? O per una scelta di immagine? O di costo? Alla vendita ragazzi e ragazze sia italiani che stranieri. Da Valentino, la venditrice ha la testa rasata, il venditore biondissimo e con la barba nerissima. Da Fendi o altro marchio c'è una nerissima che sembra una indossatrice ed ha capelli crespi e dai mille colori. C'è tanta gente, ma quasi nessuno compra e nessuno vende. I venditori e le venditrici salutano sempre se ti avvicini. “Buona sera”. E tutto finisce lì. Confronto il prezzo del caffè nel sotterraneo che ospita il ritrovamento dell'acquedotto di Agrippa, protetto da vetrata dove si proiettano con ricostruzioni mediali, con quello che si può consumare al settimo piano con la splendida vista di Roma. Un euro e venti contro tre euro e cinquanta. Non prendiamo né l'uno né l'altro. Non so dire perché. Forse per dirsi indenni da ogni suggestione consumistica. O forse solo per la fretta di andare a teatro.

mercoledì 6 dicembre 2017

Come in "Ciao Lenin"


Debbo aver dormito per tanti anni. Fatemi sapere. L'Italia è governata dai neo nazisti? Loro possono minacciare con bombe le redazioni dei giornali antifascisti? Possono farlo a dispetto della legge Scelba e della legge Mancino? Forse in questi anni, mentre dormivo beato, quelle leggi sono state abrogate, immagino. Da un governo CasaPound, Forza Nuova, Lega, Fratelli d'Italia, immagino. Però -debbo dire la verità - questi neonazi mi sembrano più gentili dei loro antenati. Ho visto che a Como, dopo aver imposto la lettura di un comunicato agli inermi volontari dell'accoglienza, hanno loro consentito di continuare il loro lavoro. "Potete continuare", hanno detto. Che cari ragazzi!

domenica 3 dicembre 2017

Post senza importanza: fra Renzi e Jovanotti


Visto Renzi, intervistato da Fazio. Sembrava una persona normale. Non diceva "Fazio chi" o "Grasso, chi?". Composto, educato. Mi sono commosso. Come se qualcuno lo costringesse a farsi violenza. Ho provato una pena simile a quella che provai quando annunciò le sue dimissioni, dopo la catastrofe referendaria, e tutti le vedemmo andar via verso la
moglie accogliente. Dico sul serio. E' un mio limite.Sono fatto così. Infatti non potrò mai fare politica. Tanto meno in questi tempi. Poi ho visto Lorenzo Jovanotti. Lui mi è sempre piaciuto. Così, intero, come persona e come uomo di spettacolo. Anche stavolta. Credo proprio per la sincerità, perché non è costretto a farsi violenza, giacché non deve controllare alcun malumore verso questo o quello. Gli ho creduto quando ha detto che non ha mai fumato una canna. Anche se non ho capito le parole della sua canzone dedicata all'Italia (fra Cutugno e De Gregori, come ha detto) scommetto prudentemente che sua Italia somigli alla mia. L'altra no.

Far finta che non ci siano


In una domenica che man mano si fa più soleggiata, passeggiata nell'isola pedonale di Ostia. Grazia Liberty ed esplorazione di nuovi eleganti locali. Dov'è la mafia? Possibile che si fermi a ponente? O magari anche la graziosa barista che ci serve i mignon con crema o ricotta è messa lì da loro? Forse pagando i mignon pago la mia quota di pizzo agli Spada o ai loro concorrenti che hanno ripreso a sparare? Sì, temo che quelli siano dentro quei locali, dentro la piacevolezza, dentro le nostre passeggiate.
In piazza si fronteggiano quietamente i gazebo dei 5stelle e di Noi con Salvini. Con Salvini anche una sexi attivista tutta vestita di rosso sgargiante. Ma nessuno si avvicina ai gazebo contrapposti. Gente tranquilla che gode il sole E gli attivisti contrapposti hanno facce perplesse. Sembrano chiedersi: "Ma che stiamo a fare"? Già, che ci sta a fare la politica che si occupa di frivolezze e di stressanti conflitti sul nulla in una bella giornata di sole?

sabato 2 dicembre 2017

L'antifascismo oltre i riti: sempre più difficile, sempre più urgente


Va bene la proposta di Veltroni, appoggiata da Renzi, dal Pd, dalla sinistra, dall'Anpi, etc. per una mobilitazione antifascista. Difficile dire no. Si faccia. Però, per favore, si faccia anche altro. Ci sono tanti, ci sono troppi, ci sono troppi giovani che sposerebbero il diavolo per fare dispetto ai politici, agli adulti, agli antifascisti, ai lavoratori, al ceto medio, a quelli che leggono libri, a quelli che hanno o credono di avere un posto nel mondo. Quei troppi non sono la maggioranza dei votanti, ma sono la maggioranza. Non sono per lo più fascisti, ma possono diventarlo. Sono quelli che chiamano gli Spada di Ostia "benefattori" e si sentono minacciati dagli ultimi della terra oppure semplicemente non trovano cose appassionanti in cui spendersi e magari non gli sembra vero che qualcuno strisci la loro auto malmessa per poter ingaggiare una cazzottata col mondo.
Penso che la cosa più urgente da fare sia prosciugare questa palude. Urgente e lunga da fare. Anche se all'improvviso, illuminati sulla via di Damasco, capissimo che avremmo dovuto cominciare l'altro ieri. Si selezioni un esercito di menti coraggiose e non abbrutite dal conformismo pigro. Li si cerchi a scuola, ma anche fra gli esclusi dalle graduatorie scolastiche. Li si cerchi ovunque. Anzi si cerchi prima chi sappia sceglierli. E poi li si butti nella mischia. A scuola, nelle parrocchie, nelle sale scommesse, in strada. Ad ascoltare anche cose orrende, a capire, a spiegare infine perché il fascismo e il ribellismo non sono la risposta al vuoto dell'epidemia nichilista. E siano muniti quei coraggiosi di un comprensibile programma di governo della nuova Italia che promette e garantisce un posto al mondo ad ognuno. P.S. Sto immaginando un governo di cui non scopro neanche l'ombra. Però sento egualmente che questo post abbia un senso.

Quello che manca


Penso che sono perplesso. Le crisi aziendali si susseguono con annessi licenziamenti. In alcuni casi i lavoratori ricevano solidarietà, morale o materiale, come nel caso di Melegatti con cittadini mobilitati a comprare panettoni. In altri casi, quelli delle aziende delocalizzanti, si propongono al contrario sabotaggi negli acquisti. Per l'Ilva continua il ricatto con la scelta fra lavoro e salute. Non so proprio come si calcoli lì il rapporto costi/benefici: la salute dei lavoratori e quella dei cittadini, bambini compresi, da una parte e profitti e reddito di lavoro dall'altra parte. E intanto migliaia e migliaia di lavoratori di piccolissime imprese perdono anch'essi il lavoro, nei bar, nelle botteghe e nelle officine. Ma nessuno ne parla perché non sono targati Ilva o Menegatti. A maggior ragione nessuno parla di chi un lavoro non l'ha mai avuto o il lavoro ha perso da tempo e dorme coperto da un cartone. Sono perplesso. Manca un pensiero forte, manca un pensiero radicale, manca un pensiero che faccia i conti davvero e renda visibili i costi di vedere le parti e non l'insieme, manca addirittura la convinzione che le scelte che facciamo o subiamo sono meramente difensive e fonti di spreco di vite.Manca un pensiero socialista.

mercoledì 29 novembre 2017

Significante e significato


"Liberi e uguali" pare che sarà il nome della lista Art.1, Si, Possibile e magari del futuro partito. Il simbolo potrebbe essere una rosa. Ne parlo perché credo che nome e simbolo contino qualcosa per comunicare cosa si è. Anche le facce contano. Il programma conta di più. Ma è un'altra cosa e viene prima. Ne parlo perché quasi certamente voterò questa cosa più o meno rossa. Senza entusiasmo perché vi scorgo molti no e pochi sì. E soprattutto poca nettezza. Insomma non mi entusiasma che la priorità sia tornare a prima di Renzi: no jobs act, no buona scuola, etc. Preferirei che si proponesse con nettezza: diritto effettivo (cioè incondizionato) al lavoro, educazione permanente, nazionalizzazione dei comparti strategici, promozione della cooperazione, sanità pubblica, inquinamento e cementificazione zero, tutela di ambiente e beni culturali, forte progressività fiscale, integrazione, sicurezza, Europa federale, pace.
Tornando al nome, ammesso che il programma diventi quello che auspico, "Liberi e uguali" mi piace abbastanza. "Liberi" non si sa bene cosa possa significare, anche se suona bene con "uguali". Liberi di comunicare, chi in famiglia e fra amici e chi a milioni di persone? "Uguali" ha un significato meno ambiguo. Dovrebbe escludere che qualcuno sia obeso e molti altri denutriti. Dovrebbe. Della rosa farei a meno. Preferirei due o tre mani che si stringono, una abbronzata. Aggiungo che preferirei facce giovani che non suggeriscano le vecchie stagioni del risentimento.

martedì 28 novembre 2017

I "buoni" che fanno il male, i "cattivi" che fanno il bene e il bello


Sto pensando a Francesco che, visitando la Birmania, accetta di non nominare i rohingya, la minoranza musulmana che subisce violenze inenarrabili dai "buoni" buddisti. Succede nel Paese di cui è leader Aung San Suu Kyi. L'abbiamo difesa quando era a sua volta perseguitata e imprigionata. Le abbiamo anche dato il Nobel per la pace. Il mondo è questa cosa qui. Con i perseguitati di ieri che trovano ottime ragioni per farsi persecutori. Qua e là nel mondo.
Il mondo è anche il posto in cui i talenti che ci emozionano ed educano i nostri sentimenti - scrittori o registi - sono talvolta pedofili o molestatori seriali. E siamo costretti a chiederci se il male delle loro vite sia, per vie imperscrutabili, inscindibile dalla loro arte. Non so. So solo che l'odiosa complessità mi appare incompatibile con la militanza arrabbiata, semplificante e banalizzate.

Con la corrente o contro


Penso che nessuno al mondo rischia qualcosa se asseconda la corrente. Nessuno sarà accoltellato perché affonda i barconi o erige muri o fa patti con la Libia e i suoi carcerieri. Se accoglie e fa buona integrazione invece deve mettere in conto di ricevere una coltellata sul collo. Così è. Penso però che sapere di essere nel giusto può valere una coltellata. P.S. Con stima verso Andreas Hollstein, sindaco di Altena, città della Germania insignita il maggio scorso del premio National Integration Prize.

Il treno di Renzi?


Diciamo che sono molto perplesso. L'ho appreso dalla pagina di un'amica. E purtroppo trovo conferma cercando nel web. Ieri sera nel viterbese una donna è morta investita da un treno. Ma nel web la notizia è che quel treno fosse il treno del Pd o, più nettamente e maliziosamente, che fosse il treno di Renzi. Lo era ma in quel momento non era in servizio né per Renzi né per altro. E se lo fosse stato? Voglio dire che non vorrei battere Renzi con quel tipo di antirenziani così come - mutatis mutandis - non vorrei mai un governo che coincidesse col fronte del No al referendum, fascisti compresi.

lunedì 27 novembre 2017

In dissenso col senso comune


L'ultimo soggetto politico in cui mi sono imbattuto fra quelli che dicono di guardare radicalmente a sinistra è una Assemblea per una Lista popolare. Assemblea che si terrà domani e cui non parteciperò. Mi è bastato leggere un cartello nella foto. Diceva:" Lavorare meno lavorare tutti". Vorrei dirlo con gentilezza e simpatia. Per me è l'ennesimo esempio di confusione e inconsistenza ideale e strategica. E' un esempio antico, anzi, e continuamente rilanciato. Simile alla trovata per cui la pensione sempre più ritardata sottrarrebbe opportunità ai giovani. O a quella per cui i robot sottrarrebbero lavoro. Chissà se riesco a spiegarmi. Lavorare tutti è possibile e necessario. Lavorare meno è desiderabile e possibile per alcuni, molti o anche tutti, ma non è affatto una ricetta per lavorare tutti. Si può e si deve lavorare tutti semplicemente perché i bisogni umani cui rispondere col lavoro non hanno fine. Per lo stesso motivo non serve mandare presto in pensione gli anziani che abbiano capacità e voglia di lavorare,piuttosto, eventualmente, quelli che non hanno più l'una o l'altra. E infine i robot sono una benedizione se ci consentono di eliminare lavori ingrati e faticosi. Purché i robot siano guidati dal governo dei cittadini e non da quello del capitale. In sintesi serve un progetto socialista che apra a nuove libertà. Non serve a nulla la ricorrente tentazione luddista che immagina il lavoro come una torta predefinita da spartirsi. Essa è solo il sintomo di una resa e di una strategia difensiva contro l'anarchia del mercato che rende goffa e disarma la prospettiva socialista. Questo penso in solitudine.

sabato 25 novembre 2017

Giornata internazionale contro la violenza sulle donne


Oggi, voluta dall'Onu, giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Mi associo come posso, superando di slancio le obiezioni che mi faccio sapendole suggerite da dietrismi, benaltrismi, cattivismi e vari altri "ismi". Mi associo come marito, come padre di figlie che so discriminate nel lavoro e fuori. Mi associo perché la liberazione delle donne dalle violenze grandi e piccole è parte essenziale della lotta per la liberazione dell'umanità tutta. E' lotta contro lo spreco di talenti della metà del mondo, spreco che pagano anche gli uomini, assai pesantemente. E' lotta contro la cultura maschilista che è incapace di relazionarsi ad una donna se non nel possesso ed ha a tal fine anche prodotto un vocabolario insulso in cui "amore" significa chiudersi agli altri. Non so se farò leggere queste note a mia moglie. Mi dirà o mi direbbe che sono un maschio come gli altri maschi. E' vero. Sono un maschio che ha ereditato una cultura di cui è difficile liberarsi. Chiedo aiuto alle compagne donne.

venerdì 24 novembre 2017

Se questo è un comunista, se questo è comunismo


Su Atlantide ieri seguivo "La terza guerra mondiale" di Andrea Purgatori. Voglio dire solo di ciò che più mi ha interessato. E' stata la biografia del giovanissimo dittatore Kim Jong-Un, quello che, con Trump e magari il concorso degli altri "privilegiati" Paesi con l'atomica, potrebbe por fine alla storia dell'umanità. Un assassino carnefice di ogni oppositore, pare. Certamente un "comunista" monarca ereditario, in un'epoca in cui le monarchie ufficiali e costituzionali sono sempre meno nel mondo e sempre più sono negli Stati e nei partiti i monarchi e gli eredi di fatto, vedi in Italia Casaleggio jr o il ragazzino Genovese, primatista di preferenze in Sicilia, dallo sguardo di bambino smarrito come Kim Jong-Un. Mi hanno colpito le lacrime vere del dittatore ragazzo ai funerali del padre, la disperazione vera del popolo nordcoreano al passaggio del funerale. E anche, anzi soprattutto, le lacrime di gioia all'arrivo di Kim Jong-Un di quei militari che si lanciano nel mare per far festa al "caro leader". Sono rimasto convinto che non ci fosse simulazione alcuna purtroppo. Come -paragone ardito -non c'era simulazione nella ragazza che nel tribunale italiano perdonava con una bacio pubblico l'ex fidanzato che aveva tentato di assassinarla. Penso che il progetto di fratellanza universale che fu chiamato "comunismo" non potrà mai estinguersi. Perché è l'unica via per scongiurare il disastro, compreso quello che minaccia, in ottima compagnia, il monarca coreano. Potremo e dovremo cambiargli il nome infettato da troppi errori. Oppure dovremmo imparare a non chiamare "comunismo" la folle rinuncia all'intelligenza collettiva sostituita dalla venerazione di un capo bambinone.

Renzi, argine al populismo?

Sentivo il segretario del PD ieri ad Otto e mezzo. Per lunghi tratti mi sembrava quasi un leader normale. Quasi gentile. Non parlava di gufi, rosiconi, professoroni (cioè odiose persone colte che non somigliano alla cara, ignorante gente normale). Non parlava neanche di scissionisti e traditori. Si affidava -diceva - al lavoro di Fassino. Poi, come nella storiella del ragno che non può vincere la sua natura, ha preso di nuovo a vantare quei benedetti 80 euro elargiti al "ceto medio" (parole sue), col tono di chi li abbia cacciati generosamente dalla propria tasca. Infatti ho pensato che quei soldi li ho cacciati di tasca anch'io, giacché la mia pensione è rimasta non rivalutata anche per consentire quelli ed altri bonus. Invece il segretario del partito che sarebbe l'argine al populismo (senti un po'...) genialmente se la prende con Berlusconi e Grillo che da milionari non capiscono cosa valgono 80 euro. Argine al populismo? Boh!

mercoledì 22 novembre 2017

Pensieri impopolari di un senza partito


A Otto e mezzo ieri un noto giornalista (non dico chi per non distrarvi dal contenuto del mio post) sentenziava a ragione che la sinistra "radicale" non è mai andata in Italia oltre il 5%. Vero, voglio dire, ma la sinistra radicale, a mio avviso, non è mai stata in campo. La sinistra radicale non è quella di Renzi ovviamente, ma, meno ovviamente, non è neanche quella che vuole tornare a prima di Renzi e alle vecchie tutele dell'art. 18. Non è radicale la sinistra che vuole legare le mani al proprietari. E' radicale la sinistra che vuole sopprimere i proprietari (con gentilezza simile a quella del medico che si occupa di obesi, oltre che di denutriti) e guarda a nuove libertà e sicurezze. E' radicale la sinistra che vuole emancipare la donna dal marito, non quella che vuole obbligare il marito padrone a mantenere la moglie che non ha lavoro. E' radicale la sinistra che non considera costo ma investimento assicurare pane, tetto, lavoro e cittadinanza ai dimenticati. A tutti, senza accontentarsi di migliorare un po' le statistiche. E' radicale la sinistra che ha un enorme riserva di consenso -altro che 5%! - nei diseredati che non votano. Non si tratta di cambiare strategia. Si tratta di costruire un soggetto politico che oggi non c'è.

La politica contro la Politica


Non è che ci abbia pensato ieri per la prima volta. Ma ieri per due volte mi sono chiesto se io debba sentirmi tenuto a fare il tifo contro i miei avversari (cioè contro quelli che sicuramente non voterò alle prossime politiche). Prima c'è stata la notizia di Di Battista che non si candiderà in Parlamento. Per la verità la notizia è stata che questo diventasse notizia, con interpretazioni sofisticate nell'alveo della politica politicante. Quello che dovrebbe essere normale diventa notizia. Normale e salutare sarebbe scegliere la felicità di occuparsi di un bimbo rispetto allo stress degli appuntamenti quotidiani nel lavoro istituzionale. Come per altri scrivere libri. Con la politica professionale ricondotta ad una dimensione non totalizzante. Insomma ho simpatizzato molto, e più che mai col leader 5Stelle.
Poi ho sentito Raggi da Floris e mi sono accorto di fare il tifo per lei. Come avviene da genitore o nonno di una bambina delicata che appare inadatta a grandi carriere. Non avrei dovuto? Quanto più cresce 5Stelle tanto meno cresce quella cosa rossa o rosellina che voterò in mancanza d'altro. Però tifavo per lei ed ero contento che Virginia apparisse molto più sicura che altre volte. Non so bene se contento come un nonno o come un cittadino romano. Sono convinto che i romani malati di politica -rossi o neri - preferirebbero inciampare per strada nelle buche sempiterne o accettare il l prossimo disastro dei tombini intasati piuttosto che un successo dell'avversaria 5Stelle. Forse hanno ragione loro. Forse un disastro romano può aiutare a prevenire un disastro nazionale. Ma io non sono un politico. Sono un uomo semplice, padre, nonno, marito e cittadino. E tifo per Raggi e Di Battista.

lunedì 20 novembre 2017

Ostia: esercizio di ottimismo


Ho azzeccato la previsione. La candidata Giuliana Di Pillo, 5Stelle e per avventura da me votata, ha stravinto. 60% contro 40%. La percentuale dei votanti cala di oltre 2 punti rispetto al voto di due settimane fa. Temevo peggio. Comunque i due terzi di astenuti suggeriscono che rappresentanza e democrazia sono i veri sconfitti. Di positivo per me e per gli ostiensi trovo i vantaggi di una più facile sinergia fra Municipio e Comune di eguale segno (come - chissà - il futuro governo nazionale). Debbo pensare che i 5Stelle non vorranno replicare ad Ostia la delusione (finora) romana. Sentiranno l'esigenza di rispondere alle domande essenziali di pulizia, sicurezza, buche, abusivismo, degrado? E a quelle dalla risposta più difficile, mare murato e mafie? Dovranno tentarci. Mi dichiaro ottimista: come esercizio.
P.S. Posterò le mie maldestre foto sulla Ostia quieta, elegante e Liberty del centro che gli Spada e la TV hanno oscurato. Con alcune cose inaccettabili anche qui. E però con l'auspicio che non ci siano più due Ostia.

domenica 19 novembre 2017

Riina e Bonino: lo strano accostamento


La sinistra divisa si consoli: è più divisa la Chiesa. Non credo che Francesco, la maggioranza dei preti e la maggioranza del popolo cattolico approvino la "interessante" tesi di Don Francesco Pieri. Per il pastore di anime, peraltro non un prete di medio-bassa cultura, ma docente presso la Pontificia Università di Bologna, ha fatto più morti Emma Bonino che Totò Riina. Sono certo che il "professore", puntando il dito contro Emma, intendesse puntarlo contro le migliaia di donne che anche dalla battaglia della combattente radicale hanno avuto la libertà dolorosa di scegliere senza rischiare la morte. Non sono certo invece che Don Pieri intendesse con la sua "creativa" esternazione rivalutare un po' Riina o magari contestare che al boss fossero stati rifiutati funerali religiosi. Forse no. Forse ha voluto semplicemente suggerire una propria gerarchia delle colpe. Se così è, gli propongo una tesi più radicale e inappuntabile: ha fatto più morti ovvero ha inibito più vite il preservativo ovvero il suo inventore (se ce ne è uno).
P.S. La mia solidarietà ad Emma Bonino è ovvia e convinta.

Il pessimo meno peggio: ad Ostia come in Italia


Quanto ho dormito stanotte! Mai successo da anni. Forse per rimandare il più possibile la scelta del presunto meno peggio. Vado a votare ora. Buona domenica agli amici e auguri all'Italia.

Giornata mondiale dei poveri che restano poveri


Conservo il mio pre-giudizio favorevole verso Francesco. Voglio dire che sono convinto che se ci fossero più Francesco e meno Salvini e Trump il mondo sarebbe migliore. Condivido anche alcune sue parole di oggi. Ad esempio quando dice che i poveri non servono per esercitare volontariato. Condivido la sua critica ai governi "distratti". Però resto filosoficamente miscredente e credo nella salvezza del Socialismo, non in quella della Chiesa. Verificando anche le contraddizioni di questo Papa e di questa Chiesa. Non mi convince Francesco quando dice che stare coi poveri è il passaporto per il paradiso. Sembra dire il contrario di quanto diceva sul volontariato. Se non ci fossero più poveri si chiuderebbero le porte del paradiso? Francesco ha pranzato con 1.200 "fortunati" poveri in Vaticano. Ed altri "fortunati" avranno un pasto eccezionale in altre chiese. Non riesco a tacere il mio pensiero. Mi sembra che questo pranzo eccezionale riduca la povertà alla dimensione di una malattia incurabile. Curata oggi per alcuni eletti col sedativo eccezionale di un pranzo. Poi i poveri torneranno ai loro giacigli. Vorrei chiedere al Papa che ammiro parole più nette e definitive. Francesco, per favore, dillo che la povertà non è una malattia. Dillo che può essere abrogata oggi stesso. Pagando piccoli e ragionevoli prezzi.

sabato 18 novembre 2017

La giustizia dei tribunali e quella dei media


Quello che mi chiedo è questo. Posto che so bene quanto il dominio maschile si eserciti in varie forme sulla metà del cielo. Posto che il mio "tifo" è per la fine di questa oppressione. Mi chiedo se qualunque prezzo sia giusto per tale fine. Se sia giusto che un capro espiatorio paghi per tutti. E non so rispondere. Troverei giusto che il noto regista pagasse per i ricatti e le molestie inflitte. 5 anni, 10, 15: fate voi. Come troverei giusto che uno stupro si pagasse non meno di un omicidio. Ma, se ho capito bene, il reato è prescritto in assenza di tempestiva denuncia. Forse sarebbe accettabile chiedere perdono alle ragazze, alla moglie, alla famiglia e pagare nei modi possibili (in denaro o altro). Pagare il giusto, pagare il massimo e poi stop. Oppure essere accompagnato al patiboio. O andarci da solo. Come ha fatto il ministro gallese. Peraltro non sono più convinto che la morte sia la meno accettabile delle pene. Penso che assai peggio sia la tortura senza fine. Ma oggi è il buio assoluto della giustizia e della politica. Il buio sul generoso progetto umano di governare la convivenza assegnando premi e sanzioni per la massima felicità possibile di ogni uomo. La politica non decide l'economia e i tribunali sono sostituiti dalla giustizia sommaria dei media che colpisce con la gogna perpetua il colpevole, insieme all'innocente moglie e ai figli. . Non mi piace. Ne ho terrore. Penso che a breve non capiremo più i versi di Foscolo nei Sepolcri: "Dal dì che nozze e TRIBUNALI ed are diero alle umane belve essere pietose di se stessi e d'altrui...".

venerdì 17 novembre 2017

Francesco non è cambiato


Papa Francesco è sempre lui. Mi aveva lasciato perplesso recentemente quando è apparso appoggiare la linea "realistica" (cinica) di Minniti: "Tenere conto del posto che c'è". Da lui mi aspetto che non si lasci ingabbiare dalla realtà (come chiedeva Don Ciotti ieri ad Ostia e ad altro proposito), ma che promuova altre realtà. Come fa quasi sempre, trascinando la Chiesa ed i cattolici attardati in vecchie e pigre convinzioni. Come ora sul fine vita. Grazie, Francesco.

In morte di Salvatore Riina


Cosa dire? Quello che sento, oltre l'ovvio. Mi piacerebbe dirgli ora: "A cosa ti è servito seminare sangue e dolore? A cosa ti è
servito, se oggi sei sepolto come un rifiuto? Ti resta il rispetto della tua famiglia. Che sarà dimenticato con loro. Un rispetto che non condivido affatto. Il comandamento che meno condivido è quello che ordina di rispettare il padre e la madre. Non vanno rispettati comunque. Io non avrei rispettato mio padre se ti fosse stato simile. Avrei preso atto della tua sfortuna nell'aver contratto il virus dell'idiozia sanguinaria e criminale. E avrei preso atto della sfortuna del mondo che ti ha incontrato. A cosa ti è servito?"

Io fra le mafie invisibili


Ho vissuto la mia vita quasi interamente in Sicilia. Fino a nove anni fa. A Siracusa dove vivevo la mafia non c'era o era invisibile. La mia in Sicilia era chiamata "a provincia babba" (cioè stupida, bonacciona, non partecipe alla cultura celodurista e/o mafiosa). La provincia "spetta" (di uomini esperti, che ci sanno fare) era a mezz'ora di strada o poco più: Catania. Lì studiavo e lì incontravo pericoli, anche se non propriamente mafiosi. Ero vigile là. Ricordo la donna che si strusciava contro la mia auto e poi gridava che le avevo strappato il vestito. Io le rispondevo che stavo per chiamare la polizia e tutto finiva lì. Il peggiore ricordo è in una stradina a senso unico. Un'auto contro senso. Avanza. Io sto fermo. Due brutti ceffi si affacciano facendomi segno di fare marcia indietro. Subisco. Poi venne un'altra Catania con la prima sindacatura di Bianco, Il centro pedonalizzato e bellissime poliziotte a cavallo, riscoprendo bellezza e sicurezza. Ho imparato che nulla è perduto per sempre. Né conquistato per sempre.
Trasferendomi a Roma per motivi familiari, scelsi Ostia perché quartiere quieto e vivibile. Credo ancora che lo sia, almeno la Ostia in cui vivo. Non serve l'auto e i servizi sono tutti a pochi metri da casa. Nel bar vicino la barista Alessandra è deliziosa quando mi chiama per nome. A Siracusa nessuna barista mi chiamava per nome. E' più piacevole essere chiamato per nome da una barista che consumare aragoste o occuparsi di una inutile seconda casa. E' piacevole passeggiare nel centro Liberty e osservare il passeggio seduto al caffè storico di Anco Marzio.
Conosco l'altra Ostia, quella di cui oggi si parla, solo passandoci in auto (il solo caso in cui prendo l'auto) o per accompagnare amici turisti nel giardino dedicato a Pasolini là dove egli trovò la morte o per recarmi ogni tanto al porto di Roma, gradevole, ma sempre più deserto per i negozi che chiudono. Ci sono stato l'altro ieri. Poi ho deciso di non tornare per il lungomare dal mare prevalentemente invisibile perché coperto dagli stabilimenti concessi ad "amici" e malavitosi. Volevo annusare il clima di ponente. Procedo quindi all'interno per una stradina. Ed ecco, sono bloccato da un'auto in doppia fila. Aspetto che scenda una donna. Non suono mai il clacson. Sono normalmente paziente. Ma il guidatore non si sposta e non sono sicuro di riuscire a superarlo senza strusciare. Avanzo un po' per essere certo che mi veda. Sto ripensando al lontano episodio di decenni fa a Catania. Quello mi guarda torvo e sta fermo. Sicché arrischio il passaggio. Con patema d'animo.
Mi va bene, tranne mia moglie che me ne dice di tutti i colori per aver cercato l'avventura. Vado a destra e scopro che sono a Piazza Gasparri. Deserta. Il mare davanti a me come un sollievo. E via verso la "mia" Ostia.

Dalla seconda manifestazione ad Ostia contro mafia e fascismo: Federazione della stampa e Libera


Tutta in Piazza Anco Marzio, l'elegante centro pedonale di Ostia. Piazza piena ma non stracolma. Arrivando sento un tale che passa veloce con la compagna e formula un insulto all'intera piazza. Stavolta qualche bandiera: Cgil, Uil, Pci, Lega ambiente quelle che ho visto e ricordo. Vedo Ziangaretti e Migliore. Ma c'era Laura Boldrini e Rosi Bindi, oltre Virginia Raggi, dicono dal palco. Molti brevi discorsi: dei responsabili delle associazioni della stampa e da tanti, troppi, giornalisti minacciati in Campania, Calabria e Lazio. Breve intervento anche di Piervincenzi. E di Ruotolo. Quella però che mi produce un groppo in gola è Federica Angeli, la cronista ostiense pluriminacciata dal clan Spada. Racconta di quando le fotografavano i figli all'uscita di scuola. Racconta della figlia di otto anni che soffre quella vita ansiosa e sotto protezione e all'improvviso chiede alla madre: "Mamma, ma non possiamo fare la pace con quel signore"? C'è anche il racconto di un altro cronista che racconta di minacce e botte nel 2009 e purtroppo racconta del rapporto delle forze dell'ordine che sembrano sposare le ragioni degli aggressori. Descrizioni di un Paese disarmato e impaurito. Dal palco comunicano che nella strafamosa Piazza Gasparri una troupe della 7 è impossibilitata a muoversi avendo trovato le 4 ruote forate. Conclude Don Ciotti. Dice: "Non facciamoci intrappolare dalla realtà". Lo ascolto. Infatti quando la piazza si scioglie mi avvicino ad un uomo con un cartello che propone una inversione di rotta verso un'altra realtà: Donne in politica e al lavoro, uomini casalinghi. Pochi metri più in là sulla strada di casa, al tavolino esterno di un pub un ragazzo e una ragazza hanno già svuotato 5 o 6 bottiglie di birra. La piazza dei giovani politicizzati, dei giornalisti, del ceto medio e colto è una minoranza, fra la periferia che ha capitale in Piazza Gasparri e il centro delle birrette.

giovedì 16 novembre 2017

Domande di uno che non sa nulla di politica


Faccio una fatica del diavolo a capire le distinzioni a sinistra. A meno che non si tratti solo di decidere il leader o i leader. Ma non voglio crederci. Ho capito che il punto di incontro è il no al Jobs act e alla Buona scuola. Cioè il no al renzismo. Può andar bene forse. Ma da solo è troppo poco. Come è fuorviante il no a quelli che votarono Sì al referendum (mozione Montanari). Se dovessi scegliere fra i frammenti della sinistra sceglierei quello che dicesse: "Al governo affinché non ci sia nessuno senza reddito, tetto e lavoro". Niente di meno. Qualcuno lo ha detto? Qualcuno fra Mdp, Si, Possibile, Brancaccio, Pci, Rifondazione? Forse lo ha detto fra le righe? E' troppo difficile dirlo in modo comprensibile a tutti?

martedì 14 novembre 2017

Le buone e le cattive ragioni di lutto


Sento oggi un'Italia depressa: il clima, l'incertezza totale, la nazionale di calcio. Soprattutto quest'ultima, oggi. Tifosi (almeno metà degli italiani, poveri, ricchi e così così) uniti nello stesso lutto. Partecipo al lutto che non è mio. Non è mio giacché con gli anni sono diventato sempre meno tifoso. Fino allo 0 attuale. Pero come molti, più o meno consapevoli, sento la catastrofe calcistica come segno del generale declino. Il Paese per il quale debbo necessariamente tifare perché in larga misura dal suo benessere dipende il mio benessere e quello delle persone che mi sono care, sembra scivolare in basso. Nella crescita: ultimi in Europa. Ultimi o giù di lì nella povertà, nel numero di chi non ha un tetto sulla testa, nell'indice che misura la distanza fra più ricchi e più poveri, nel tasso di abbandono scolastico, nel tasso di laureati, nel tasso di chi non studia e non lavora, nella percentuale di giovani che lascia il Paese, cercando futuro ove le competenze valgono più delle reti amicali costruite col calcetto. Si può dire che il calcio rappresentasse da tempo una relativa anomalia con i suoi successi pur declinanti. Finisce anche quella anomalia. Non più campioni, ma gente che insulta Anna Frank negli spalti della serie A. E giocatorini di seconda divisione che insultano la memoria dei martiri di Marzabotto. Indietro tutta, insomma.
Ma non voglio contribuire alla depressione generale. Cerco di concludere con una nota positiva. Cerco di apprezzare l'ottimismo di Paolo Gentiloni. Lui che mostra (o simula) soddisfazione perché nell'alta marea che tutte le economie solleva, anche il Pil dell'Italia cresce. Lo dice senza dire "io" e senza esibire grandi meriti personali. Ottimismo della volontà. diciamo. Forse servirebbe a qualcosa, insieme ad una capacità di diagnosi e voglia di discontinuità che invece non vedo. La mia nota positiva è un'altra. Affidata al Caso che largamente ci governa. L'attesa che qualcuno e qualcosa ci metta quasi tutti insieme con sguardi limpidi e passione di riscossa. Immaginando che la vecchia talpa stia scavando a nostra insaputa.

lunedì 13 novembre 2017

Imparare a dire: sì, MA


Penso che non possiamo recuperare a sinistra gli emarginati senza lavoro o senza casa che sono sequestrati da destra e fascisti se non dimostriamo di aver capito le loro ragioni. E' sbagliato dire NO. E' giusto dire sì, MA...
Esempio1. Ai legali assegnatari di case popolari che trovano gli alloggi occupati da Rom (vedi Roma) si deve dire che hanno ragione e che debbono recuperare subito quelle case. MA i Rom (e gli immigrati) hanno diritto anche loro ad un tetto e non c'è ragione alcuna per cui non lo abbiano in una città con migliaia di appartamenti sfitti e tanti edifici pubblici dismessi. Lottare insieme quindi e non gli uni contro gli altri.
Esempio 2. A quelli, cittadini e commercianti regolari, che non accettano la città e la spiaggia invase da abusivi e che addirittura simpatizzano con la soluzione teppistica di CasaPound della cacciata a calci bisogna dire che hanno ragione a pretendere legalità e decoro, MA questo riguarda abusivi bianchi ed abbronzati, massaggiatrici cinesi e gladiatori romani e che tutti gli abusivi debbono ricevere dallo Stato lavoro vero. Lavoro vero che è possibile in un lungo elenco facilmente compilabile: dai lavori di pulizia, alla messa in sicurezza di scuole, argini e fiumi, al lavoro di cura per i anziani indigenti, a seconda delle competenze di ognuno.
Aggiungere poi che né casa, né lavoro, né salute possono essere assicurati con la flax tax (tassazione con aliquota unica) promessa (o minacciata) dal centrodestra.
P.S. Proposta minima di modello comunicativo per chi vuole realizzare giustizia e non si appaga nell'avere ragione e nell'insulto ai proletari fascistizzati

domenica 12 novembre 2017

Il miracolo dell'empatia


Mi ha colpito, ma non mi ha sorpreso la confidenza della trans, fra le vittime dello stupratore bengalese, al momento della sua condanna a 16 anni di carcere. La trans ha detto di provare pena per lui. Le credo. Noi appartenenti al genere umano siamo capaci di violenze indicibili versoi i nostri simili, ma capaci anche di empatia verso il nostro stupratore, capaci di condividerne la sofferenza. Mi sono ricordato di un momento del "Borghese piccolo piccolo" di Monicelli dove la madre (la bravissima Shelley Winters) del figlio assassinato manifesta materna pietà per l'assassino torturato dal vendicativo marito (Alberto Sordi).
Poi ho pensato a Carl Sargeant, il ministro gallese suicida perché accusato di molestie sessuali. Ho provato forte empatia per lui, come se fosse vittima di una violenza spropositata. Per il bengalese no e per lui sì. E non so perché. Mi accorgo semplicemente di appartenere al genere umano.

sabato 11 novembre 2017

Breve nota dalla manifestazione di Ostia


All'inizio eravamo pochini: non più di 500. Ed ero piuttosto allarmato. Il corteo è cresciuto fino a un paio di migliaia, man mano si attraversava il centro quieto, elegante e liberty e poi si andava peri il lungomare verso l'altra Ostia, quella di CasaPound e dei clan, che oggi appare come l'unica Ostia. Il consueto popolo dei manifestanti: pochi in età lavorativa, proletari assenti; presenti giovani liceali e universitari, qualcuno rasta, e persone mature, uomini e soprattutto donne in look morettiano, in apparenza ceto medio colto e nostalgico. Tamburi e slogan contro mafia e fascisti e qualche rivendicazione sociale: contro gli sfratti, contro l'assenza dello Stato che abbandono la periferia alle cosche. Ho intravisto solo all'inizio Virginia Raggi. E quindi un volto PD: Montino, sindaco di Fiumicino. E la candidata al ballottaggio dei 5Stelle. Poi ho potuto stringere la mano a Stefano Fassina ringraziandolo per la sua presenza. Non c'erano bandiere di parte. Inaspettatamente il corteo si è fermato un po' prima del feudo degli Spada. Sapevo invece che era in programma raggiungere la famigerata palestra. La polizia schierata a chiudere ogni via di accesso all'altra Ostia mi ha spiegato che l'organizzazione aveva deciso di fermare lì la marcia. Non ho capito a cosa servisse, in tal caso, il vistoso schieramento delle forze dell'ordine. Ho rinunciato a partecipare ad una sorta di sit-in in un umido giardino, tornando nel centro per premiare mia moglie, compagna di marcia, con la consueta krapfen squisita di Piazza Anco Marzio. Ho appreso ora che parte dei manifestanti ha violato la consegna dirigendosi verso la troppo celebre Piazza Gasparri, epicentro di Ostia Ponente.
P.S. Mi sono accorto, da disorganizzato recidivo, che la mia macchina fotografica era priva di scheda. Spero di poter trasmettere foto dal vecchissimo cellulare di mia moglie.

venerdì 10 novembre 2017

Lo sport di uccidere


Ho appreso da un Tg poc'anzi di una donna morta nel milanese per malore sopravvenuto dopo il lancio di un masso sull'auto in cui viaggiava. Ho appreso al contempo che lo squallido sport criminale non si è mai interrotto. Evidentemente i media che ci suggeriscono cosa temere e cosa no non ne danno notizia se non c'è almeno un morto. Ciò osservato, mi preme dire una cosa. Premesso che l'assassinio degli invasati terroristi mi dà ovvio sgomento, personalmente sono assai più atterrito dalla pratica prevalentemente giovanile di spaventare, ferire, uccidere per mero passatempo, per vincere la noia, per andare contro la corrente della convivenza. Mi atterrisce di più perché non trovo facili rimedi. Tranne una inverosimile rivoluzione culturale. Quei giovani sono parenti dei terroristi dell'Isis, ma sono fratelli dei ragazzi di CasaPound di cui ho detto in altro post e che confessavano di insultare i neri per strada senza sapere spiegare il perché.

Perché e per chi manifesterò domani


Domani, sabato 11, ad Ostia manifestazione e corteo per la legalità. Il solito rituale? Forse. Comunque vi parteciperò. Perché nel dubbio è giusto scegliere ciò che è più scomodo. Non astenersi. Ostia è piacevole ed elegante nel centro (dove fortunatamente abito) e a levante, e degradata a ponente, territorio degli Spada e di CasaPound, quel ponente che prudentemente attraverso solo in auto, magari per raggiungere il porto turistico o il giardino che è il luogo dell'assassinio di Pasolini. Sbagliato dipingerla quale un omogeneo squallore, come oggi avviene. Ma più sbagliata la risposta irritata al dipinto parziale. Mi ricorda dinamiche note vissute nella mia Sicilia da cui mi separai anni fa. A difendere l'onore siciliano c'erano sempre i complici, consapevoli o no, della mafia. Come ora ad Ostia.
Ieri a Piazza Pulita ho apprezzato l'intervista ad un gruppo di adolescenti ostiensi simpatizzanti per CasaPound. Questi ragazzi non sanno proprio da cosa sono mossi. Il più brillante (che parlava quasi l'italiano), pressato, cercava di darsi risposte, ma non ci riusciva. "E' il colore della pelle che ti dà fastidio"? "Non so". "Ci piace insultare i neri". "Perché"? "Non so". Ecco, manifesterò soprattutto per loro. Per una buona scuola tutta da inventare. Perché i nostri sventurati ragazzi siano aiutati a capire perché insultano i neri. Giacché quando lo capiranno non insulteranno più. E si mobiliteranno contro l'ingiustizia che consegna Ostia ponente alla famiglia Spada che sostituisce lo Stato assente, anche con i pacchi alimentari e le palestre.

giovedì 9 novembre 2017

Lucia Annunziata, l'anti-sociologa


Stasera alla "Vita in diretta" si parlava ancora di Ostia. E c'era un buon servizio che indagava sul litorale di ponente, regno degli Spada e di CasaPound. Efficacemente deprimente. Gli intervistati: "Certamente conosco Roberto Spada; un'ottima persona" , "Può succedere che uno si innervosisca e picchi un giornalista" "A me Roberto mi ha tolto dalla strada, mi ha aiutato a trovare lavoro, a trovare un tetto, un medico". Etc. C'era Lucia Annunziata in studio. La quale era forse preoccupata che il servizio giustificasse la carenza della risposta repressiva e doveva trovare molto intelligenti le sue osservazioni spiazzanti. Tanto è vero che le ha ripetuto più volte. In sintesi, secondo la nota giornalista non aveva senso il servizio perché il servizio voleva dimostrare che povertà e degrado producono illegalità e così facendo si giustificava l'illegalità.. E invece non è così - diceva Lucia Annunziata - ci sono tanti poveri che non accetterebbero mai di occupare abusivamente una casa o di avvalersi dei servizi dei mafiosi. Ecco, quindi il fatto che ci siano poveri onesti sarebbe la prova che la povertà non c'entra. A me invero sembra che c'entri e che abbia bisogno di essere accompagnata d'altro per essere esplosiva (a parte che comunque è esplosiva per i poveri stessi). Ha bisogno ad esempio dell'assenza dello Stato e della presenza dell'offerta sostitutiva della mafia.
Si dice spesso purtroppo che la sociologia giustifica il crimine. Infatti il sociologo spiega il crimine e "spiegare" per gli sprovveduti è sinonimo di "giustificare". Peccato che la nota giornalista sia stata oggi nel novero degli sprovveduti. Sprovveduti pericolosi perché di fatto assolvono non i poveri ma la povertà e quindi la ricchezza che produce povertà.

mercoledì 8 novembre 2017

Veltroni e Renzi: la cultura e l'incultura arrogante


Ieri sono riuscito a sentire prima Renzi, poi Veltroni, in Tv. Per la maggioranza dei miei amici il primo è l'erede del secondo. Come spesso, io scrivo per contestare le opinioni consolidate, mentre taccio quando condivido perché non mi sembra utile unirmi ai cori. A me pare che Veltroni, pur con la sua cosiddetta "americanizzazione" , abbia conservato consapevolmente molto della cultura comunista che lo aveva formato. Ed è rimasto a sinistra, a differenza di Renzi che quella cultura non ha mai vissuto e capito. Veltroni ha conservato l'idea di un partito come comunità vera e come intelligenza collettiva. Il suo "buonismo" opposto al "cattivismo" renziano non è un dettaglio caratteriale, ma proprio un'idea diversissima di partito e di società. Infatti sarei rimasto in un Pd veltroniano perché lì avrei potuto cercare di far valere le mie ragioni socialiste,senza sentirmi straniero, nell'assenza perdurante di un partito autenticamente socialista, cioè capace di conservare la bussola dell'eguaglianza, senza rinunciare a sporcarsi le mani rispondendo ai bisogni immediati degli uomini d'oggi.

martedì 7 novembre 2017

Mettiamola così


Premetto che non uso Destra come un insulto. Tento solo di ridefinire nella mia testa confusa la troppo vecchia distinzione dell'epoca della rivoluzione francese.
Se l'eguale diritto alla felicità di ogni uomo della Terra è lo spartiacque fra Destra e Sinistra, la scoperta di poter soccorrere o no quelli che fuggono da lontano ha ridotto al minimo la Sinistra nel mondo. Perché è troppo più facile dire no. Anche se è più giusto e più intelligente dire sì. Ma troppo più difficile perché richiede uno sforzo immane per rimettere in piedi un senso comune ribaltato e per restituirci ad una nuova evidenza. Per questo la Sinistra è ridotta a pochissimi generosi lungimiranti. Il resto è Destra. Acida e cattiva (Casapound, Lega) o garbata e carina (Minniti) o magari una via di mezzo (Berlusconi). Globalista (Monti) o sovranista (quella dei variamente "cattivi"). Sovranista nazionale o sovranista locale e sempre sociale, cioè attenta a spartire fra gli affamati indigeni i resti del banchetto dei vincitori .Più di quanto non faccia la Destra globalista che guarda ai numeri e pensa che la spontaneità presunta del mercato farà i ricchi più ricchi e i poveri meno poveri, la Destra globalista che non ha bisogno di vincere le elezioni perché governa ben oltre la politica.
Poi c'è o ci sarà la Sinistra. Forse 5 o 6 dei miei amici su 4950. Forse neanche io ne faccio parte. A ragione forse qualche amico mi colloca a Destra. Me ne faccio una ragione cercando dove stia la Sinistra o come inventarla.
P.S. Post consapevolmente inopportuno e masochista, soprattutto se dovessi fare politica. Ma non devo farla.

Hai, hai, ci risiamo

.
Avevo votato Fassina sindaco per Roma 17 mesi fa. Poi, al ballottaggio, ero incertissimo fra Giachetti, Raggi e l'astensione. Scelsi Raggi, sapendo di potermene pentire. Ora per Ostia ci risiamo. Scegliere fra due donne, una di centrodestra e una 5Stelle, non è come scegliere fra due fidanzate possibili.
Poc'anzi davanti alla TV mia moglie mi ha posto il quesito che cercavo di allontanare dalla mia mente per evitarmi lo stress. Anzi per la verità mia moglie (che non sempre vota come me) ha risposto alla sua stessa domanda."Non votiamo" ha detto. Ma come faccio a non votare se CasaPound e la mafia di Ostia con ogni evidenza voteranno il centrodestra? Temo che sceglierò l'incompetenza accertata, le buche e l'immondizia per strada. A costo di farmi chiamare "grillino". Maledetto ballottaggio, giacché mai qualcosa che possa chiamarsi "sinistra" vi prende parte.

lunedì 6 novembre 2017

Notizia e non notizia


Per me oggi è più notizia l'ennesima strage in Usa che i risultati del voto (e del non voto) in Sicilia e ad Ostia. Anche se propriamente non è notizia. Perché non vedo in campo né qui né negli Usa né nel mondo chi possa rispondere all'infezione nichilista mortale dell'era digitale. Famiglie e comunità locali espropriate sempre più della cura dei suoi membri nell'impero invincibile dei padroni del web. Terrorismo, organizzato o individuale, cosiddetta "follia", noia esistenziale etc. sono meri dettagli di una malattia impossibile da curare se il mondo non viene rovesciato come un calzino. Ma c'è solo Trump, Renzi, Grillo, Casapound e qualche bandiera rossa inutilmente sventolante al vento.

Mi consolo: meglio l'avarizia che la mafia


Questa notizia non so se sia un dettaglio. Quando ho saputo che a Catania 100 presidenti di seggio su 300 hanno d'improvviso rinunciato .all'incarico e sono stati sostituiti con difficoltà, ho pensato al peggio. Non ho trovato altra spiegazione che l'intimazione mafiosa.Ma forse l'ho pensato solo io, allontanatomi dalla mia Sicilia per Ostia dove invece c'è CasaPound, oltre alla mafia. Leggo ora - e mi consolo - che i bravi cittadini avrebbero rinunciato solo per calcolo economico. Troppo pochi 155 euro per tre giorni di lavoro. Eppure avevano accettato, benché informati, leggo. In 100! Boh!

La sinistra non c'è


In sintesi nessuna vera novità dal voto in Sicilia e ad Ostia. Il dato dell'astensionismo dimostra che molti ritengono che al voto non vengano offerte alternative radicali all'ordine esistente. Per la minoranza votante centro destra in competizione con 5Stelle in entrambi i territori. Il PD giù in picchiata. Il dato peggiore è quello di CasaPound al 9% ad Ostia. Da brividi verificare che gli ultimi delle periferie cercano speranza o vendetta negli epigoni delle leggi razziali. Vedi gli insulti delle curve laziali ad Anna Frank. L'altra faccia della medaglia è la sconfitta della sinistra, sia quando è unita, come in Sicilia, sia quando è divisa, come ad Ostia. Se è vero che non si vince più al centro (luogo del galleggiamento senza valori), è purtroppo vero che non si vince neanche a sinistra. Oggi si vince a destra o nella non-direzione dei grillini. La sinistra marginale deve scegliere se sciogliersi o assimilare gli umori populisti di destra e di 5Stelle: due modi di sciogliersi. Oppure osare pensare davvero, capire perché la promessa egualitaria appare non credibile. Perché i disperati scelgono di contendere agli ultimi che vengono dal mare le briciole del banchetto intangibile dei privilegiati, piuttosto che l'arduo compito di attrezzare un nuovo menù per ogni uomo della Terra.

sabato 4 novembre 2017

Tommasi, più trumpiana di Trump


Ad Otto e mezzo ho sentito tale Paola Tommasi, giornalista di Libero. E' la seconda volta che mi capita di ascoltarla. Non sono cultore della diffidenza sistematica, Però ammetto di essermi chiesto: "E' nel libro paga di Trump"? Sapete com'erano (e in parte ancora sono) i berlusconiani duri e puri? Sapete come sono i renziani duri e puri"? Qualunque cosa dica e faccia il Grande leader è saggio, è incontestabile. Se alcuni dei suoi lo abbandonano quelli sono mossi da torbide passioni o sono semplicemente traditori. E chi saranno mai questi repubblicani che non assecondano le grandi visioni di Trump plebiscitato (più o meno) dal popolo?
Fra poco, assicurava Paola Tommasi, Trump provvederà a circondarsi di soli uomini fidati. Come Renzi, come Berlusconi. come altri che magari non lo dicono, ma che lo fanno, dico io. E Trump con l'abbattimento del carico fiscale promuoverà i consumi natalizi. E così darà lavoro, etc.


E' l'epoca della fine dei partiti, della fine di ogni elaborazione collettiva. Della militanza come fede assoluta in un uomo. Della perdita totale dell'autostima del cittadino tifoso. Della perdita totale della ragione.

P.S. Dimenticavo una perla di Paola Tommasi. La scrittrice americana Katherine Wilson, democratica, afferma che per fortuna i contrappesi costituzionali Usa -Congresso, Senato, prerogative degli Stati, Corte suprema, etc.-  hanno funzionato inibendo molte delle iniziative di Trump quali muro, controriforma sanitaria, etc." E l'impavida Tommasi replica: "Contrappesi o sabotaggio"? Bisogna farsene una ragione: oggi regole e Costituzioni appaiono complotti contro i "cari leader" che, lasciati liberi di decidere senza lacci e laccioli farebbero ognuno della propria nazione un paradiso terrestre. Ultimo clamorosamente masochistico (così lo giudicano alcuni) contrappeso in Italia è stato il No del 60% nel referendum costituzionale.

Il mostro dietro l'artista


Un'amica fieramente antifascista ha formulato una sorta di lista di proscrizione di cantanti fascisti. Sapevo vagamente di Lucio Battisti. E - accipicchia - almeno a "Giardini di marzo" non vorrei rinunciare. Ma l'elenco è lunghissimo e fortunatamente non ricordo più i nomi, tranne - chissà perché- quelli di Gianni Bella e sorella. E Gianni Bella è l'autore di "Io non so parlar d'amore" che ascolto volentieri con la voce di Celentano. Ho commentato il post dell'amica, inventando, che ho un pasticciere fascista ai cui dolci non vorrei rinunciare. Intanto appare inarrestabile la fatwa contro i molestatori e gli stupratori del cinema. Questa mi sembra una cosa più seria e però non so bene dove ci porti. Peraltro, dopo aver raggiunto i nostri miti americani, Dustin Hoffman compreso, la fatwa arriva in Italia e tocca anche l'autore di Nuovo cinema paradiso. Mettendo insieme cantanti fascisti e attori e registi molestatori temo che dovremo fare a meno di canzonette e film. Seriamente mi sto domandando se sia possibile e giusto separare la persona dall'artista.

mercoledì 1 novembre 2017

Metabolismo degli umori sociali nel festivo prima del voto


Oggi, giornata festiva e post Halloween, il clima emotivo è assai diverso da ieri. Fra l'apatico e il depresso. Vado in piazza a prendere sole e caffè. Le auto stranamente si fermano mentre io sono ancora lontano dalle strisce pedonali. Ah, ecco c'è una macchina della polizia vicino. Meglio non fidarsi dell'equilibrio dei poliziotti, secondo le saggia valutazione degli automobilisti. Al bar in piazza pago volentieri il caffè il doppio che altrove, pagando l'esposizione al sole e la visuale del passeggio. Domenica si vota nel Municipio X di Ostia, dopo due anni di commissariamento per le infiltrazioni delle cosche. Osservo i gazebo pre-elettorali. Quello del PD, il partito del precedente presidente arrestato per mafia, propone il candidato Athos De Luca. Geniale (diciamo) il manifesto che recita "Uno per tutti, tutti per uno", sfruttando l'omonimia del candidato con il noto moschettiere. Del resto cos'altro dire? Il gazebo di Salvini è ancor meno frequentato di quello di Athos. Qui ad Ostia la destra credibile (diciamo) è quella di CasaPound che è assente ora nel centro, ma sicuramente presente nella periferia di ponente, quella di Pasolini, quella dei clan mafiosi, la periferia delle case popolari assegnate dal clan, quella in cui il candidato neofascista si fa fotografare con il boss e poi dice: "Io sto nel territorio e parlo con tutti". Beh, come ci rivelò l'illuminante dialogo di bambini in "Ferie di agosto", la destra è quella che sta con i poveri mentre la sinistra sta con i ricchi. C'è più animazione ed ottimismo al gazebo 5Stelle. Lì i militanti, malgrado la delusione Raggi, ci credono. Pensano di farcela. Ce la faranno con i pochi che andranno a votare, come suggerisce la piazza stanca di Ognissanti.

martedì 31 ottobre 2017

Halloween invece di...


Ho fatto bene a lasciare per un po' tv, computer e giornali per dare un'occhiata ad Halloween (si scrive così?) che non so neanche bene cosa sia. Sotto casa c'erano bambine e bambine mascherati come le loro mamme, felici anch'esse di mascherarsi, che li tenevano per mano, ma ogni tanto scappavano. Sembravamo - anzi erano - felici ed uniti. Niente di simile a quello che mi dice tv, giornale e web. Non indovinavo renziani, grillini, sinistri moderati e sinistri radicali fra la folla. Non indovinavo tanto meno i mafiosi onnipresenti - dicono - ad Ostia. Ero distante con simpatia. Simpatia e speranza verso centinaia di nipotini festanti che chiedevano dolcetti e li prendevano per mangiarli, non per fotografarli con lo smartphone che non tenevano in mano. In attesa di diventare bulletti, di strafarsi di birra e di fumo, di bruciare un clochard per realizzare una foto virale, di sfuggire al controllo di genitori e scuola verso mondi imprevedibili e sconosciuti? No, voglio credere che quelli che ho visto siano i bambini che cresceranno in una Italia prossima ventura non confrontabile con quella di oggi. Credere che faranno l'Italia coesa e allegra. Ci credo. Diamo una mano a questi bambini.
P.S. Ho fatto bene ad uscire da casa.

mercoledì 25 ottobre 2017

10 anni dopo: lettera ad Anna Frank, Italia, 24 ottobre 2027


Oggi è il 24 ottobre del 2017. Ti scrissi la prima volta dieci anni fa per chiederti scusa. Dieci anni dopo tutto è cambiato. Lo avevamo promesso: ci siamo riusciti. Quelli che ti insultarono non ci sono più. I minorenni furono sottratti alla potestà genitoriale. Sono altre persone. Oggi uno è custode del museo a te intitolato, uno è fra i maggiori studiosi dell'Olocausto, uno è stato fra i protagonisti del cambiamento di un'Italia che sembrava perduta.
La svolta fu quando il Paese si fermò. D'improvviso fu chiaro agli italiani smarriti che qualcuno aveva suggerito i bersagli sbagliati: gli immigrati, l'Europa, gli ebrei. Lo aveva fatto perché i privilegi dei proprietari del mondo non fossero minacciati. Una grande operazione di distrazione di massa.
Un giorno, d'improvviso, accadde che gli esclusi gridassero insieme: “Il mondo non vi appartiene. Il mondo è nostro”. Non ci fu violenza alcuna. Bastò la nuova consapevolezza perché il vecchio ordine crollasse.
Prima sbagliavamo tutto. Eravamo divisi fra due schieramenti, entrambi ciechi. Il primo, invasato, cercava il capro espiatorio per il proprio disagio o la propria disperazione. Era una gara a chi punisse di più: lapidazioni, castrazioni, roghi.Non si voleva davvero sconfiggere la violenza. Si voleva che la violenza prosperasse per dar senso alla propria risposta violenza che riempisse il vuoto della vita. Il secondo schieramento (lo chiamavamo dei “buonisti”) era indulgente ed assolveva, ma lasciava tutto com'era. Accoglieva migranti, li abbandonava nei piazzali delle stazioni a non far nulla o a delinquere, esposti alla violenza dei penultimi, adepti del primo schieramento. E confinava i giovani in vecchie aule scolastiche ad ascoltare prediche incomprensibili. Con i genitori pronti a picchiare docenti mal selezionati e mal pagati. Dall'altra parte molti davano la colpa di tutto addirittura alla sociologia. Dicevano che spiegare il male significava assolverlo e giustificarlo. Dicevano che la cosa giusta è non capire: cioè l'ignoranza. Poi cominciò ad esser chiaro che dovevamo capire per prevenire. Capimmo anche che era utile e giusto però punire. Per non assolvere noi stessi e i nostri fallimenti. Capimmo che filosofia, sociologia e intelligenza dei fatti sono preliminari alla politica, non alternative alla politica. Sposammo allora comprensione (intelligenza dei fatti) per la quale ognuno è innocente e punizione, reinventando la responsabilità personale, invenzione senza la quale il mondo è ingovernabile. Ora i migliori medici si dedicano ai malati più gravi e non ai più ricchi e i migliori maestri si dedicano non agli allievi migliori, ma ai peggiori. Se però i migliori maestri non riescono ad educare e i peggiori allievi inneggiano all'Olocausto, i maestri sono retrocessi ad educatori dei migliori (quel che prima era promozione) e gli oltraggianti ripuliscono la città e/o pagano per anni o per sempre un risarcimento (in denaro o in lavoro). E normalmente, a distanza di tempo, ringraziano per la punizione ricevuta, riconosciuta come segno di attenzione; così è successo a chi ti offese. Spariscono man mano i tifosi dei figli mentre padri e madri imparano forme nuove di collaborazione con i maestri. Mentre spariscono pian piano i tifosi delle curve perché ora si preferisce essere in campo e non sugli spalti. Anche nella politica il protagonismo sostituisce il tifo. Non abbiamo realizzato il paradiso: ci siamo allontanati dall'inferno. Ad esempio è scontato per tutti ormai nel nuovo senso comune che il lavoro è un diritto effettivo di cui nessuno può essere privato. E' sempre più chiaro a tutti che la ricchezza è prodotta dal lavoro e che l'inoccupazione è spreco Adesso siamo impegnati soprattutto ad imparare ciò che prima sembrava non influente: che il lavoro è un dovere ed è doveroso dare il meglio di sé per chiedere di avere il meglio dal mondo. Tutto cominciò forse da quel 24 ottobre di dieci anni fa.

martedì 24 ottobre 2017

Lettera ad Anna Frank


Anna cara, avrai visto qui in Italia la tua foto con la maglia della Roma, usata per esprimere il massimo di odio verso l'avversario romanista. Ti sarai chiesto: “E' possibile che il massimo insulto sia somigliare a me ragazzina ebrea uccisa dai fanatici? Il peggiore insulto non è “assassino” ma “assassinata”? Di nuovo possibile come nell'Europa di quegli anni”?
Ti chiedo scusa per quei miei concittadini e ti chiedo di scusarli per quanto difficile sia. E ti racconto qualcosa. Oggi troppa parte dei miei concittadini, soprattutto i più giovani, è dimenticata e senza speranza, senza lavoro e senza istruzione. Soprattutto senza istruzione, anche i diplomati e i laureati. Anzi non vuole istruirsi perché pensa che l'istruzione sia una trappola dei privilegiati per tenerli buoni. Odiano tutto quello che gli altri amano o onorano._Hanno pensato di insultarti per insultarli. E non siamo ancora riusciti a spiegare loro che esiste un'altra istruzione e può esistere un altro mondo. Ci stiamo provando, Anna. Scusali. E scusaci per non esserci ancora riusciti. Ci riusciremo.

lunedì 23 ottobre 2017

I costi della politica, quelli dei politici e quelli del nostro innamorarci


Credo che a scuola dovrebbero insegnarci a comprendere l'ordine di grandezza di tanti costi, compresa quelli della democrazia. Impareremmo che 100 parlamentari in meno ci farebbero risparmiare pochi euro l'anno, che forse sarebbe utile risparmiare e forse no, se ci preme una maggiore rappresentanza. Pochi euro risparmieremmo anche se si riducesse drasticamente la retribuzione di ogni parlamentare. Con effetti però sicuramente positivi, in questo caso, per la sobrietà e qualità della politica. Assai più risparmieremmo se decidessimo di abrogare le Regioni, semplificando la macchina dello Stato. Ma molto di più, incommensurabilmente di più, guadagneremmo se sapessimo emanciparci dalle narrazioni della politica. Ricordandoci che un politico può avere convenienza a rischiare di bruciare la foresta comune per farsi un uovo al tegamino. Fuori di metafora, lo sconosciuto fino a ieri governatore catalano Puigdemont sarebbe rimasto uno sconosciuto e una comparsa della Storia se non si fosse intestato la battaglia indipendentista. Ed opaca sarebbe rimasta di converso l'immagine del premier Rajoy se non avesse risposto a muso duro, in nome di valori opposti recuperati nel deposito di trame e narrazioni disponibili. Incommensurabile il costo dello scontro per la Spagna e soprattutto per la Catalogna con la fuga di imprese e capitali. Ma dialogare, comprendere e mediare avrebbe giovato solo al popolo catalano e al popolo spagnolo. Non avrebbe giovato ai due protagonisti dello scontro. Che, come assai spesso capita, hanno preferito il loro uovo al tegamino al bene comune. Il referendum lombardo-veneto, in miniatura obbedisce alla stessa dinamica. Penso che l'antidoto sia solo la democrazia,quella vera, sostanziale, quella che ci chiede di studiare ed esercitare la fatica di pensare.

venerdì 20 ottobre 2017

"Comunisti" e buona morte


Non ero sicuro di voler seguire a PiazzaPulita il reportage sulle ultime ore di Loris Bertocco, accompagnato a morire in Svizzera. Non ero neanche sicuro che fosse giusto "spiare" quei momenti. Poi l'ho seguito, anche convinto dall'invito dello stesso Loris a fare del suo caso una battaglia politica per il testamento biologico e la buona morte. Mi ha confortato la serenità inimmaginabile di Loris. Mi hanno sconfortato le giustificazioni di funzionari comunali e regionali nel diniego di risorse aggiuntive ad un invalido gravissimo, diniego che ha indotto Loris ad accelerare i tempi del suo addio al mondo. . Poi mi sono ricordato che fra le ragioni per le quali, dopo il Pci, non ho votato i suoi presunti eredi con falce e martello, c'è questa. La tiepida attenzione o la frequente definizione dei "diritti civili", compreso il diritto di non essere inutilmente torturato, come "sovrastruttura borghese". "Sovrastruttura" un corno, vorrei dire. Aspettando un governo di sinistra vera che non rimastichi malamente letture marxiane, ma sia capace di rispondere a tutti i bisogni umani: dal cibo,al tetto, alla buona morte, all'eguaglianza che non è solo economia, ma impegno verso la felicità possibile per ogni uomo. Questo io chiamo "Socialismo".

Severgnini, Renzi e il grande imbroglio


Dell'intervista di Gruber a Renzi ad Otto e mezzo, sottolineo solo un dettaglio. Il segretario Pd scaricava colpe su colpe a chi era al governo prima di lui. Immagino abbia ritenuto opportuno evitare di infierire sul sereno Letta. Se l'è presa con Monti. E lì mi è piaciuto molto Severgnini che, più o meno, replica così: "L'Italia era a rischio di fallimento. Tutti quelli che votarono e sostennero Monti perché facesse il "lavoro sporco" che a loro non conveniva fare oggi sparano su Monti, il più vituperato dei premier. Attacchi troppo facili e sgradevoli".
Giusto. Penso che un ideale premier di sinistra avrebbe realizzato una manovra non meno dura ma più equa. Ma non certo incrementando deficit e debito, cosa non consentita dalla "matrigna" (fra virgolette) Europa. Oggi invece Renzi propone la ricetta dell'incremento del deficit al 3%. E meno tasse per tutti naturalmente. Chi pagherà? L'Europa o i governi futuri e le generazioni future? L'Europa no. Qualcuno dovrebbe spiegare ai frastornati cittadini che il bersaglio Monti e il bersaglio Europa non sono ispirati da un progetto di politica popolare, ma dall'esigenza di occultare interessi di classe. Un grande e impunito imbroglio.