martedì 30 gennaio 2018

Non è il mio mondo


Uscito da casa leggo sulla vetrina di un negozio di casalinghi:"Prezzi più bassi di internet". Mi serve qualche secondo per capire. Capisco anche grazie alla spiegazione scritta in piccolo: "Senza dover aspettare il corriere". La concorrenza non è più con gli altri negozi. E' col Moloch Internet. Già: Amazon e gli altri e poi i robot e le auto senza autista.
E il mio amico ("amico" facebook), celebre giornalista, che minaccia di bannare gli amici di Renzi. E io che di nuovo non capisco. Che minaccia è questa? Cosa succede di tragico ad essere bannato?
E le coppie che non perdono tempo a baciarsi, tutte prese dal mondo smisurato contenuto nello smartphone. Non saprò mai se questo mondo è migliore di quello mio. Infatti non giudico. Vorrei solo affacciarmi un momento su questo mondo fra qualche decennio per sapere cosa è successo a i miei nipoti, se sono felici o in che modo lo sono. Affacciarmi ed accorgermi che il mondo non c'è più, distrutto dalla sua "ricchezza"? Non escludo neanche questo.
P.S. Post di un attimo di irrequietezza

Tenere a bada la faziosità


Mi è successo anche stamani. Dal mio tabaccaio trovo la solita fila. Non comprano sigarette. Sono mature signore che comprano "gratta e vinci", "il milionario", "il miliardario" e cose così. Non riesco a vincere il fastidio. Non è per la fila. E' per l'irrazionalità. E' per quella che sento come stupidità assoluta. Giocare in un gioco da bari, in cui chi gioca, a conti fatti, perde sempre. Ma non so bene perché io debba essere tanto infastidito. Più di altri. Per curare il fastidio mi dico che io sono peggiore delle mature signore. Loro ci rimettono denaro grattando qua e là. Io ci rimetto salute comprando ancora sigarette nella mia lotta senza fine col tabagismo. Sono più stupido io. Sono più masochista io. Faccio da tempo questo esercizio critico. Ma evidentemente non basta. Forse mi sento superiore proprio perché sono capace di giudicarmi. In me c'è il tabagista. E al contempo c'è chi giudica il tabagista. Difficile imparare a non piacersi. Difficile vincere la superbia. Continuo a provarci.

sabato 27 gennaio 2018

Ella e John - The leisure seeker: la gioia concessa alla vecchiezza


Mi è piaciuto più di quanto prevedessi. Immaginavo un film un po' scontato, di maniera. Una replica del genere “on the road” (Thelma e Luise ” ed altro) ed una replica dell'ultimo film, fortunato, “La pazza gioia”dello stesso Virzì. E un po' lo è. Però qualcosa di nuovo mi ha lasciato. A cominciare dal segnale di qualcosa che è stato importante nel tempo e che però credo si avvii a diventare irrilevante: la coppia. Ovvero due persone che condividono per una vita emozioni e intimità. C'è la tristezza della vecchiaia e del declino, anche nella ricerca di una avventura fuori tempo. Con la casa museo di Hemingway, idolo letterario del professore protagonista, come destinazione e pretesto di fuga. Bella la scena di sesso dei due ottantenni, dove ben al di là del sesso, c'è l'amore incommensurabile di Ella (Helen Mirren) nel modo in cui gratifica la prestazione del compagno John (Donald Sutherland) divenuto debole e fragile.
Attorno ai due c'è un mondo di alieni. Ognuno coi suoi piaceri e i suoi miti. Col mondo degli altri normalmente dialoghiamo scambiando qualcosa, consapevoli di essere diversi e solo un tantino eguali.. Ma quando la mente vacilla per la fatica degli anni, restano i miti personali - l'Hemingway del protagonista - e può restare l'intimità di coppia. . Non si è però più consapevoli di essere soli al mondo. Non si è più consapevoli che il nostro mondo può disturbare i mondi altrui. Ho trovato anche questo di delicato nel film di Virzì. Il vecchio professore che in campeggio incontra una coppia “normale” disponibile a condividere parole banali da campeggiatori. Con la successiva crescente delusione. Molto ben rappresentato il gentile e imbarazzato disimpegno dei “normali”quando scoprono nella coppia in fuga, vite aliene irriducibili alle proprie convenzioni. Infine ho sentito come una proposta di vita la scelta della dolce morte come terapia radicale alla vecchiezza.

giovedì 25 gennaio 2018

Chinnici in Tv e senso di colpa


Ho visto il film tv su Rocco Chinnici "Quanto è lieve il tuo bacio sulla fronte". Giorni prima avevo rivisto "La mafia uccide solo d'estate". Del film di Pif mi era piaciuta soprattutto la conclusione, Con il protagonista che guida il figlioletto per le strade di Palermo alla scoperta delle lapidi in ricordo dei servitori dello Stato assassinati. In entrambi i film sgomenta la serie incredibile delle vittime. Infatti il mio imbarazzo è forte. Ho vissuto una vita in Sicilia, nel sud-est che era periferia della mafia. Di Siracusa si diceva che era "la provincia babba", cioè la provincia stupida, cioè non mafiosa. Fino ad un certo punto e fino ad una certa epoca. Vedendo quei film è come se ripassassi una storia alla quale sono stato disattento. Ricordo ovviamente quei nomi della martirologia di giudici e poliziotti. Ma mi sembra che allora non riuscissi a contarli e pesarli. Ricordo che ero in chiesa per il matrimonio di una cugina quando seppi della strage di via D'Amelio. Ricordo che seppi dell'assassinio di La Torre entrando nella Camera del lavoro fischiettando e trovandovi un glaciale silenzio. Ma dov'ero e cosa facevo quando ci fu la notizia della morte del giudice Terranova? Cosa feci dopo la morte di Livatino, il giudice ragazzino? In cosa ero impegnato quando veniva assassinato Dalla Chiesa? E quando si consumò la vendetta contro Libero Grassi? E prima quando nel centro di Palermo che ben conoscevo era stato ucciso Mattarella? E nelle altre, troppe, occasioni? Non mi basta la consapevolezza di non aver mai parteggiato per quella cultura malata e inconsapevolmente para-mafiosa che incolpava giudici e poliziotti di deprimere l'economia isolana. Di cosa mi occupavo quando fu assassinato Chinnici? Ricordo cortei e sit-in in altre occasioni. Per il Vietnam, contro Nixon, etc. Per il resto è come se avessi perso la memoria.

lunedì 22 gennaio 2018

I bravi ragazzi e le brave ragazze


Roma è troppo grande per me. Per assistere ad uno spettacolo teatrale della durata di un'ora e mezza, sono uscito ieri alle 16.15 e sono tornato nella mia Ostia alle 22.30. Trenino, metro e bus, oltre che percorso a piedi. Però voglio dire che ieri, io che spesso indulgo al pessimismo, ho incontrato tanti bravi ragazzi. O più o meno bravi. Questo voglio raccontare. All'ingresso della stazione del trenino per la verità registro che in un gruppo di sei adolescenti qualcuno entra senza biglietto. E' normale. Comunque lo faccio notare a mia moglie. Che però mi rassicura a modo suo. Prima mi dice di non commentare a voce alta a scanso dei noti rischi di finire pestati.. Poi mi fa notare che solo uno è entrato senza biglietto. "Solo uno" è una bella cosa. Sul trenino ad Ostia Antica sale un gruppo di giovanissimi scout. Avranno visitato gli scavi. Nessuno schiamazza, nessuno consulta lo smartphone. Ragazzi di altri tempi. Parlano fra loro addirittura. A differenza della coppia di quarantenni a me di fronte: l'uno e l'altra con la propria protesi digitale in mano di cui ogni tanto mostrano qualcosa al partner, senza dire parola.
A teatro, in uno spazio sperimentale rigorosamente male illuminato e con sedie e poltrone svariate prese chissà dove, ci sono attori - fra i quali un talentuoso nipote- e pubblico "impegnati", come nei centri sociali dei miei ricordi giovanili. Prima dello spettacolo una ragazza dal look "combattente" si propone per aiutarci a leggere al buio le istruzioni per prelevare acqua e caffè da una macchinetta.

A sera, al ritorno, una ragazza araba ci aiuta ad individuare il bus da prendere, quello che prende anche lei, e poi ci aiuta a decidere dove scendere. Infine, ad Ostia - sono quasi le 23.00- affamati, troviamo un locale aperto nel centro. Mia moglie "soffre" di empatia più di me. Teme di allungare la giornata di lavoro delle ragazze addette ai tavoli. Ma quelle sono carinissime e ci tranquillizzano. Tutte le ragazze dei locali ostiensi sono carinissime. Forse ieri avevo inforcato occhiali rosa.

domenica 14 gennaio 2018

Ostia di ordinaria tristezza

Ad Ostia, sulla strada per il centro c'è un uomo in mutande che sfida il freddo e fa una sorta di doccia con una bottiglia d'acqua riempita ad una fontanella, prelevando asciugamani e indumenti dall'auto-casa parcheggiata lì accanto. In piazza, oltre agli immancabili 5Stelle, c'è la base logistica di una corsa podistica. Un anziano siede soddisfatto in panchina con un carrello che ha riempito di bottiglie, frutta e viveri vari destinati ai corridori. Bene. A casa sento il tg che parla di tutt'altro. Parla di politica (diciamo...) e degli appassionanti conflitti fra ex compagni. Poi il tg volta pagina e riferisce le ultime gesta dei nostri adolescenti criminalmente rincoglioniti. Ma è un'altra pagina, appunto. Non riguarda la politica, pare. Buona domenica ad amiche ed amici.

domenica 7 gennaio 2018

Invece dell'eguaglianza


Debbo ricordare che io con miei quasi 5000 amici non rappresentiamo il Paese né tanto meno il mondo. Forse rappresentiamo 5 milioni di persone. Non più. Siamo prevalentemente pensionati o prossimi alla pensione. Dormiamo nelle nostre case riscaldate. Ogni tanto leggiamo un libro. Il sabato andiamo in pizzeria. Qualche volta al cinema. Anche a teatro talvolta. Per quel che mi riguarda ogni tanto mi permetto di spendere 100 euro per andare al Sistina. Oppure i 100 euro li spendono le figlie per fare a mia moglie e me un regalo di Natale. Come ieri per "Mamma mia", il celebre musical. Spettacolo come prova di unità nazionale, con tutti in piedi a cantare la stessa cosa.
A Barberini saliamo sulla metro che scoppia di gente. C'è una donna sul marciapiede che è scesa e grida infuriata "attenti alle zingare, sono ladre, attenti". Ne ho una davanti e una alle spalle. Adolescenti fra i tredici e i quindici anni. Quella che ho di fronte ha poco della rom. Mi sorprende il telefonino preistorico che tiene in mano. Oggi anche i poveri assoluti investono in uno smartphone. Non capisco soprattutto l'indifferenza assoluta della giovane rom. Mentre tutti parlano di lei e si scansano, se ne sta senza alcuna emozione visibile. Le danno sedativi o cosa? Sul trenino per Ostia invece incontro rom adulti e maschi. Se ho capito come funziona quel mondo, loro non si dedicano agli scippi. Gli scippi sono riservati alle adolescenti non punibili. Loro invece barcollano strafatti di birra. Così, tornando a casa, con metro e trenino, mi imbatto negli altri mondi. Un altro mondo è quello del ragazzo assai curato, con i capelli scolpiti e griffato da testa a piedi. Lo guardo con il mio consueto sentimento di stupore. I genitori che investono su un figlio come opera d'arte. Sempre più perplesso sul destino della famiglia. Sia la famiglia rom che la famiglia "borghese".

mercoledì 3 gennaio 2018

Esercizi di convivenza


Il pomeriggio al cinema mi aveva messo di umore grigio. Un po' per il film "Napoli velata" di San Özpetek. Mi sentivo affaticato dall'esibizione di decadentismo mortifero e di bravura che non mi dava emozione. Non so se mi disturbava l'assenza della realtà dei ragazzini delle "stese", i terroristi di casa nostra che non credono in Allah, ma nella capacità di incutere spavento sì. In assenza di interesse ad altro, solidarizzavo empaticamente con i protagonisti costretti a scene di intimità vera ed estrema. Poi, all'entrata e all'uscita dal cinema, mi sembrava di essere invisibile fra la folla festiva: gomitate, ginocchiate, borsate. A casa, appena il tempo di liberarmi del giubbotto, suonano alla porta. E' la condomina del monolocale a piano terra. E' una signora quarantenne che è fra i licenziati di AlmaViva. Occupa da pochi mesi il monolocale col marito che ha un qualche lavoro. E' alla porta con un pacchetto regalo. "E' un pensierino", sembra quasi scusarsi. Una gentilezza, la ricerca di una convivenza gentile che mi spiazza. E mi fa cambiare umore. Mi restituisce ottimismo. Mia moglie procede con gli esercizi di convivenza mediante l'invito ad un caffè. Diciamo che sono
capace di cambiare umore. Velocemente.

lunedì 1 gennaio 2018

Chiederò a Mattarella


Cosa penso nel primo giorno dell'anno? Penso che ha ragione Mattarella. L'Italia e l'Europa stanno conoscendo un periodo di pace e di prosperità lunga 70 anni e mai prima conosciuta. Indubitabile. Abbiamo torto allora continuando a strepitare contro questo e quello? Forse no. Anche se ognuno è scontento o anche infelice a modo suo. Striamo quasi tutti meglio che 70 anni fa. Quasi tutti. Però le distanze fra chi sta meglio e chi peggio si sono allungate. Però - soprattutto - oggi sappiamo, vediamo, tocchiamo l'infelicità del mondo. Ognuno scontento a modo suo. Ognuno con le proprie ossessioni. Anche io con le mie. Io che non riesco a considerare un dettaglio che nella capitale d'Italia senza tetto italiani e stranieri, bambini compresi, malamente accampati nel porticato di Santi Apostoli, soffrano il freddo e si ammalino. Non è accettabile mai in una Italia cementificata di seconde e terze case disabitate e di edifici pubblici dismessi. Le festività consumistiche suonano e sono solo una provocazione aggiuntiva. Non trovo il senso delle proporzioni. Non lo trovo neanche seguendo le vicende Ilva, ad esempio. Il grande dibattito su quanta salute possa costare l'occupazione di 20.000 lavoratori. Quante volte 20.000 sta in 4 milioni di inoccupati? Troverei ragionevole che destra e sinistra si dividessero sulla tutela speciale ai lavoratori dell'Ilva come ai lavoratori che fabbricano armi in Sardegna. Irragionevole che si scelga di produrre strumenti di morte, veleni e bombe, magari un po' meno per ammazzare di meno. Accidenti, quale minima parte di case sfitte servirebbe agli accampati a Santi Apostoli e quante volte 20.000 lavoratori sta in 4 milioni? Chiederò a Mattarella.