venerdì 27 aprile 2018

I doni di un'epoca che non è la mia


Penso spesso che questo non sia più il mio mondo. Penso che il mondo sia cambiato negli ultimi 10 anni assai più che nei 60 anni e più precedentemente vissuti. Mi sembra che la nascita della Ue, il 68, il terrorismo rosso e nero, la stagione dei diritti, lo stragismo mafioso, la Seconda Repubblica, etc. siano poca cosa rispetto alla globalizzazione e all'Italia multicolore nate in pochi anni. Ci ho pensato stasera. Abbiamo incontrato - io e la persona a me più vicina- al semaforo una nonna e una mamma bianche con una bimbetta nera. Era bellissima con il suo vestitino elegante e una fascetta colorata ai capelli ricci. Curata, come si cura un dono. Una bimba adottata evidentemente. Abbiamo chiesto età e nome. E mamma e nonna in coro hanno risposto: "Camilla, 15 mesi" mentre attraversavamo le strisce con loro. Poi nonna, mamma e Camilla hanno incontrato un'altra bimba nera in braccio al papà. Si chiamava Fatima ed aveva 7 mesi ci ha detto il papà. Era bellissima anche lei con un cerchietto in testa. Ma è stato straordinario vedere quelle bimbe, incuriosite l'una dell'altra, farsi festa. Ho pensato, abbiamo pensato, che si riconoscevano simili, piccole e nere. Che quella per loro era una grande emozione. Chissà. Certamente mi sono emozionato io. Continuando a discernere orrori e doni della globalizzazione e di quest'epoca che non è la mia.

mercoledì 25 aprile 2018

Un pomeriggio di ordinarie perplessità


Prendo il trenino di Ostia, poi in metro e infine a piedi sotto il sole delle 14 dal Colosseo al teatro Argentina. Sul trenino prima due rom, uno più o meno 14 anni, uno 7o 8, che suonano. Due stranieri, forse afghani, danno qualche moneta. Solo loro. Io rimugino sullo Stato assente. Poi c'è una donna rom con una bambina al più di 3 anni che chiede elemosina. Continuo a rimuginare sullo Stato assente e sul destino dei bimbi rom. La persona a me più vicina mi fa notare che la donna ha orecchini di oro bianco e perle. Gli afghani non rimuginano, ma esprimono la loro solidarietà con altre monete.
Al teatro Argentina andiamo a vedere l'Aida in una versione didattica per le scuole. nell'ambito di una iniziativa intitolata “Scuole in canto”, per avvicinare gli alunni all'Opera lirica. Ci sono bambine e bambine, dalla scuola dell'infanzia alla media, in platea e sul palco sobriamente vestiti da egiziani, che fanno i figuranti. Sono contenti e non molto disciplinati. Da anziano che osserva molto e fa poco, scruto e intuisco i loro dialoghi. Sui vestiti e sulle movenze: “il tuo è troppo lungo”, “spostati in là”. Genitori trepidanti e partecipi. Siamo andati perché il narratore in scena è nipote della persona a me più vicina. Infatti spesso inseguiamo i suoi percorsi di giovane attore diplomato all'Accademia del dramma antico di Siracusa (tre anni), dopo una laurea quinquennale in Scienze della comunicazione. E una volta lo abbiamo visto al cinema in un film di nicchia. Ci fermiamo con lui, finito lo spettacolo, a bere qualcosa al ghetto ebraico così suggestivo. Interrogo al solito, nella mia stagione di rimuginante e interrogante. Una vita difficile e complicata, la sua di ventinovenne, seguendo una vocazione che è un dono e una condanna. Inseguendo contratti. Integrando il lavoro di attore con contrattini da cameriere. Così sono i nostri giovani d'oggi in una precarietà che noi non conoscemmo. Mah!. Intanto Fico va a piedi e questo occupa le prime pagine dei giornali. Intanto le forze politiche tutto fanno tranne che liberare i giovani rom e tranne che liberare i nostri giovani dall'incubo della precarietà assoluta. Mah!

mercoledì 4 aprile 2018

Si può


Cosa penso? Penso che ci sia una stragrande maggioranza di italiani (almeno il 90%) che condividerebbe un progetto credibile di Paese. Se solo potessimo cancellare per un po' sigle e leader divisivi. Se potessimo ripartire da obiettivi concreti. Quali? 1. Mettere tutti al lavoro. Si può. 2. Assicurare a tutti tetto, cibo e sanità. Si può. 3. Premiare l'impegno (il cosiddetto "merito"). Si può. 4. Sottrarre spazio alla furbizia, al familismo e alle mafie.Si può. 5. Fermare la cattiva globalizzazione che riempie le nostre città di cineserie, kebab ed altre brutture e rifare bella l'Italia. Si può. 6. Essere accoglienti e severi. Si può. 7. Smettere di promettere meno tasse per tutti e idiozie simili, pretendendo invece che ogni euro sia speso per l'interesse generale. Si può. 8. Smettere di indebitarci pagando interessi pesanti e indebitando figli e nipoti, prelevando invece risorse da chi più ha ed ha avuto più di quanto meritasse. Si può.

domenica 1 aprile 2018

Rapporto sul pianeta Italia


Oggi, prima del mio ritorno alla civiltà, concittadini marziani, era festa in Italia. Ho passeggiato nel centro pedonale di Ostia, parte della capitale d'Italia, e tutti erano felici. C'erano coppie di uomini e donne che si tenevano per mano. C'erano bambini festanti con palloncini e gelati . Tutti salutavano tutti. Erano felici anche le donne e i bambini. Eppure i bambini lì sono proprietà dei genitori che possono decidere se curarli o no. E le donne sono proprietà dei compagni. Insomma se le donne scelgono un compagno non possono più lasciarlo se lui non vuole. Se lo fanno possono essere uccise. Dicono che prima o altrove era ed è anche peggio. Ma non so in qual senso. Dovrò approfondire nella prossima missione nel pianeta Terra.
Non so spiegarvi ancora il rapporto che c'è in Italia fra la vita quotidiana che ha tanti momenti di amicizia e festa collettiva con la politica. In Italia non governa il popolo e neanche chi ha le armi. Governano i rappresentanti della maggioranza dei cittadini che in politica appaiono molto divisi. Governa dunque la maggioranza che però cambia ad ogni elezione. Sicché non c'è alcun progetto condiviso da portare avanti per secoli o decenni. Non si va avanti ma a zig zag, avanti e indietro, a destra e a sinistra. Dicono che sia giusto così. Se il popolo dà ai partiti x, y, z , rispettivamente 40, 30 e 20, voti, i politici e gli italiani entrano in confusione e si insultano in Parlamento, in città e soprattutto nella rete. Non sembrano gli stessi che ho visto pacifici ed amici in piazza oggi nel giorno che chiamano di Pasqua. C'è chi dice che il partito che ha più voti deve governare. Anche se ha meno voti degli altri messi insieme. Perché qualcuno degli altri deve collaborare per forza. E c'è chi dice di no. C'è anche chi dice che nessuno può avere la maggioranza pensando che tanti cittadini non hanno votato. Non è sempre chiaro da cosa siano divisi i partiti. Non sembrano molto divisi fra chi difende i ricchi e chi difende i poveri. Lì ci sono i ricchi e i poveri, chi ha il diritto di possedere una terra o una fabbrica e chi aspetta di avere un lavoro dai proprietari. I poveri non sembrano difesi da nessuno. C'è solo qualcuno che dice che un giorno i poveri non ci saranno più e aspetta quel giorno sventolando una bandiera rossa. Ecco, i partiti sono divisi soprattutto perché uno dice che bisogna indebitare molto i nipoti e chi dice che si deve farlo con moderazione; uno dice che bisogna sparare ai barconi che portano in Italia migranti di terre devastate da guerra e miseria e c'è chi dice che non sta bene che gli italiani sparino e bisogna fare sparare dagli alleati libici in cambio di denaro. Mi sembra però che soprattutto gli italiani in politica siano divisi dalle simpatie per i leader. C'è chi ama il leader giovane, chi il maturo; c'è chi ama quello più spiritoso e chi ama quello più aggressivo. Non so dire ancora cosa c'entrino queste cose con la politica e con la ricerca della felicità generale. Approfondirò nel prossimo viaggio.

Alessandra che anche a Pasqua mi chiama per nome

Questa volta Pasqua da soli, io e la persona a me più vicina. Con figlie e nipoti dispersi per l'Italia. Al Tartarughino, vicino casa: antipasto, pappardelle al cinghiale, abbacchio, un bicchierino di romanella, assaggio di colomba pasquale e uovo di Pasqua, caffè. Servito da Alessandra, la mia preferita, quella che mi chiama per nome - Salvatore- con il tono di una carezza. Quanto basta per sentirmi fra i privilegiati del mondo.

Buona Pasqua nella pace e nella giustizia


Auguri a chi crede in Gesù risorto e a chi (come me) non ci crede. Purché creda nel nesso inscindibile di pace e giustizia. Auguri anzi anche agli altri, quelli che non credono in niente, tranne che in se stessi: per loro auguri di conversione. E lunga vita felice a tutti, a partire da Francesco la cui vita da leader mondiale della pace e della giustizia è la più preziosa per tutti.